La giunta esce allo scoperto: “Centrali a biogas? No, grazie”
Copparo: la scelta di mettere il diniego su due delibere per ragioni politiche e di opportunità “Già il Polo Crispa, l’allevamento di bovini e avicolo, il digestore di Formignana e l’impianto di biometano”.
Copparo: la scelta di mettere il diniego su due delibere per ragioni politiche e di opportunità “Già il Polo Crispa, l’allevamento di bovini e avicolo, il digestore di Formignana e l’impianto di biometano”.
L’amministrazione comunale di Copparo dice ‘no’ a due nuovi impianti di produzione di biometano. Se i progetti possono essere considerati idonei dal punto di vista tecnico, la giunta guidata dal sindaco Fabrizio Pagnoni ha scelto invece di mettere ‘nero su bianco’ la propria contrarietà dal punto di vista politico e di opportunità, attraverso due delibere approvate nel corso dell’ultima seduta. Gli iter autorizzativi per i due impianti sono stati intrapresi dalla società agricola Rightenergy e dalla società agricola Stella, per la realizzazione e l’esercizio di impianti di produzione di biometano da sottoprodotti di origine agricola, alimentare e/o agroindustriale e reflui zootecnici. E per entrambe, Arpae ha attivato la Conferenza dei servizi.
La giunta copparese ha preso in considerazione diversi aspetti e anche le osservazioni pervenute dall’Associazione Il Melograno Comitato Vivere Meglio, che ha richiesto di esprimere parere contrario alle nuove realizzazioni. Innanzitutto ha rimarcato la concentrazione in pochi chilometri quadrati di numerosi impianti: il Polo Crispa, l’allevamento di bovini e l’allevamento avicolo intensivo a Jolanda di Savoia, il digestore di Formignana, l’impianto di biometano da rifiuti organici in corso di realizzazione nell’area adiacente alla discarica Crispa. Non a caso il Piano Regionale di gestione dei Rifiuti e per la Bonifica delle aree inquinate della Regione fa proprio, tra gli altri, il principio della equa distribuzione territoriale dei carichi ambientali.
Si ipotizza che a tale concentrazione possano essere legate le numerose segnalazioni ricevute da parte di cittadini residenti ad Ambrogio e Brazzolo relativamente alla percezione di cattivi odori, specie nel periodo estivo. La giunta ha poi tenuto conto dell’inadeguatezza dell’area di intervento in termini paesaggistici: è infatti ubicata all’interno del sito Unesco “Ferrara Città del Rinascimento e il suo Delta del Po”, in prossimità peraltro di Villa Pavanelli di Zenzalino e del suo viale alberato, riconosciuto strada di interesse storico-paesaggistico.
https://www.ilrestodelcarlino.it/ferrara/cronaca/la-giunta-esce-allo-scoperto-9dec9adf
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Centrale a biometano: arriva il no
L’amministrazione comunale ha deciso. Il sindaco: “Abbiamo lavorato con professionalità”
11.11.2024 – 16:30
https://www.polesine24.it/cronaca/2024/11/11/news/centrale-a-biometano-arriva-il-no-297847
Un impianto a biometano
Il sindaco Gotti dice no alla centrale. Nei giorni scorsi la giunta comunale trecentana ha espresso, con delibera, parere sfavorevole al progetto del biometano che tanto aveva fatto discutere negli ultimi mesi.
“Nessun silenzio – spiega il primo cittadino riferendosi alle recenti polemiche sollevate sul caso – c’è chi lavora e chi invece preferisce insinuare. Come era stato più volte promesso e dichiarato, ho lavorato con la giunta e i consiglieri, in questo mese per raccogliere , di concerto con le associazioni di categorie degli agricoltori e degli enti competenti, ma anche con mirati sopralluoghi ed accessi ai siti d’interesse, tutte le informazioni corrette per formulare un parere che fosse fondato e quindi che ponesse poi le basi per redigere le osservazioni e le richieste di integrazioni da formulare in sede di conferenza di servizi che ad oggi, si rammenta, non è stata ancora indetta”, continua il sindaco Gotti.
“Ovviamente, solo dopo aver ottenuto le informazioni certe dai soggetti maggiormente coinvolti e titolati a farlo, siamo arrivati alla conclusione concorde ed unanime che il progetto dell’impianto di biometano, per le sue caratteristiche, la sua ubicazione, per il contesto socioeconomico, per le caratteristiche agronomiche del nostro territorio e per la generale indisponibilità a conferire le matrici da parte degli imprenditori locali, per tutte le molteplici criticità circa la viabilità locale, per la compresenza e quindi le interferenze con le altri due centrali, biogas e biomassa, nelle immediate vicinanze, non poteva che raccogliere il parere sfavorevole alla sua realizzazione da parte di questa amministrazione”.
La posizione sfavorevole all’impianto da parte dell’amministrazione era già stata anticipata lo scorso 28 ottobre dallo stesso sindaco e dal vicesindaco Cristina Lunardi in occasione dell’ultimo tavolo verde conclusivo, convocato con i rappresentanti delle associazioni di categoria degli imprenditori agricoli.
“Il grande lavoro svolto con gran parte dei soggetti coinvolti e con alcuni enti, si è dunque tradotto in una delibera di giunta di indirizzo con la relativa presa di posizione sfavorevole al progetto per tutte le motivazioni descritte e che tracciano il perimetro entro il quale gli uffici dovranno poi redigere le loro osservazioni ed integrazioni – prosegue il sindaco – Per chi è abituato a lavorare con professionalità e serietà comprenderà come sia del tutto inopportuno e oltremodo irrituale, in assenza di avvio del procedimento amministrativo da parte della Regione, anticipare e fornire in questa fase ulteriori informazioni di dettaglio su quelle che saranno le richieste ed osservazioni tecniche del comune”.
Il sindaco ha poi voluto ringraziare “per la serietà ed onestà intellettuale con cui hanno da sempre operato i rappresentanti locali della Coldiretti, di Confagricoltura, e del Cai a fianco dell’amministrazione, i quali, durante tutti gli incontri istituzionali che abbiamo indetto in questo periodo in seno al tavolo verde, hanno fornito, in un confronto costruttivo e leale, tutte le informazioni utili che motivano, anche per vari e complessi aspetti agronomici, la non sostenibilità produttiva ed economica del progetto presentato sul nostro territorio”.
Il sindaco Gotti ha poi voluto togliersi anche qualche sassolino dalla scarpa. “Non posso e non intendo invece dare retta e ascolto a chi, peraltro dimostrando di non conoscere neppure la normativa ambientale in materia di rifiuti e la procedura amministrativa, affiancato da un presunto gruppo/comitato neo costituito e portavoce che preferisce rimanere nell’anonimato, vorrebbe ‘comandare’ alla mia giunta ‘cosa fare, quando e cosa richiedere’ usando toni assolutamente impropri, accidiosi, avanzando insinuazioni e accuse false ed inaccettabili circa il mio presunto ‘favore’ verso il progetto – chiosa il primo cittadino – sconfessate peraltro dalla realtà dei fatti, malignità dettate evidentemente solo da rancori personali e da frustrazioni per la prolungata astinenza da incarichi politici”.
“Le decisioni importanti che impattano sulla qualità della vita e sull’economia di un territorio sono la priorità di questa amministrazione e debbono proprio per questo essere frutto di una maturata e documentata analisi; al contrario scegliere con superficialità, totale incompetenza e ignoranza, come spesso leggo, solo per tentare di ritrovare perduti consensi o appagare evidentemente velleità personali, a mio modo di vedere, non è fare una buona politica e, soprattutto, non porta al risultato che ci si prefigge. La politica fatta di proclami propagandistici, di insinuazioni, di attacchi strumentali volgari, di volantinaggio vigliacco e compulsivo, di chiacchericcio da bar, di riunioni carbonare, ha fatto il suo tempo e, soprattutto, ai trecentani non ritengo sia di nessuna utilità e interesse se vogliono davvero cambiare in meglio le cose. Che sia chiaro a tutti – conclude Gotti senza risparmiare un’ultima stilettata – questa amministrazione ha un nuovo volto e modus operandi e lavora per il bene di tutti i cittadini e non certo per ambizioni personali”.
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Sversamento liquami zootecnici nei campi: Legambiente annuncia un esposto
AMBIENTE. Dopo il caso di 50 lavoratori intossicati a Telgate per le esalazioni causate dallo spandimento di liquami provenienti dagli allevamenti, l’associazione ambientalista pone l’accento su un problema che affligge tutta la pianura padana.
Dopo l’ennesimo episodio di malori legati ad emissioni moleste da spandimento di liquami zootecnici, che ha intossicato 52 dipendenti di una logistica a Telgate, Legambiente annuncia un esposto alla Procura di Bergamo e ai carabinieri Forestali, per contestare la legittimità della condotta dei responsabili dell’inquinamento.
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Telgate, spargono liquami nei campi agricoli: 16 dipendenti di una ditta vicina intossicati e portati in ospedale
di Redazione Bergamo online
Valutate sul posto 52 persone, 16 portate in ospedale. L’allarme nella mattina di oggi,
domenica 3 novembre
Intossicazione nella ditta Notino di Telgate nella mattinata di oggi, domenica 3 novembre. È successo poco dopo le 9, nell’azienda di via Lombardia che si occupa di logistica. «A seguito di verifiche effettuate in posto dagli enti di competenza – fa sapere Areu – si conferma intossicazione causata da liquami sparsi in campi agricoli adiacenti al polo logistico».
Il personale di Areu sul posto ha valutato 52 persone che si trovavano in azienda. Accusavano nausea, vomito, mal di testa e mal di pancia. Sono stati ospedalizzati 16 pazienti in codice verde /giallo (quindi nessun in pericolo di vita) con sintomi da intossicazione, nei seguenti ospedali: Seriate, Chiari, Ponte San Pietro e Papa Giovanni.
https://www.ilgiorno.it/bergamo/cronaca/intossicazione-polo-logistico-notino-telgate-la85r27p
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Link...Oggetto: osservazioni alla conversione della centrale denominata Energy UNO da impianto biogas a biometano posto in via per Zerbinate n.46b (verificare numero civico) a Bondeno di Ferrara
Biometano a Trecenta: dalla platea un coro di No contro l’impianto
Il territorio boccia un progetto potenzialmente pericoloso che si regge sulla incentivazione da Pnrr. Oltre 250 persone al dibattito pubblico al Teatro Ferrini
Trecenta – La sindaca Anna Gotti ha avuto il merito, non scontato (altri sindaci in analoghe situazioni non l’hanno fatto) d’incontrare la cittadinanza, organizzando un incontro pubblico informativo sul richiesto impianto per la produzione di biometano dal trattamento di rifiuti agricoli che vorrebbe sorgere in via Albarello.
Lunedì 30 settembre, non meno di 250 trecentani e non solo hanno affollato il Teatro Ferruccio Martini, opportunamente presidiato dalle forze dell’ordine coordinate dal maggiore dei carabinieri Paolo Li Vecchi, per quello che si è rivelato un confronto civile, seppur dai toni accesi. L’argomento, del resto, è fra quelli divisivi e si temeva qualche eccesso.
Erano presenti diversi amministratori dei comuni vicini ed i rappresentanti di categoria del territorio, a testimonianza dell’interesse per l’intreccio fra le ragioni dei proponenti e il corale dissenso emerso fra il pubblico per l’impianto per la produzione di biometano dal trattamento di rifiuti agricoli. Lucia Ghiotti, sindaca di Salara, è intervenuta per dire che “Capisco le esigenze della transizione ecologica, ma a prescindere o meno dalla qualità tecnica dei progetti, ne stanno calando un numero eccessivo nel Polesine e nel basso Veneto” riferendosi alla richiesta di autorizzazione per un parco agrifotovoltaico a Salara che tocca pure Trecenta per il fatto che andrebbe realizzata in quel territorio una cabina elettrica per la messa in rete dell’energia pulita prodotta.
Per trattare del progetto agrivoltaico di Salara e Trecenta è intervenuto in collegamento da remoto il tecnico Roberto Carcangiu di “Peridor solar srl”, “L’unica società con la quale abbiamo avviato una conferenza dei servizi” ha affermato Ghiotti.
L’argomento agrivoltaico è scomparso dalla discussione quasi subito, alla luce del fatto che non ruba suolo agricolo, non impermeabilizza il terreno, non è climalterante e nella vesione “avanzata” è auspicato anche dal ministro all’Agricoltura Francesco Lollobrigida che lo ha inserito nell’ultimo DL Agricoltura che vieta, invece, il fotovoltaico a terra su suolo agricolo.
La sindaca Gotti, nel ruolo di moderatrice, ha preliminarmente invitato i presenti a fare “…un processo veramente critico ma costruttivo”, rammentando che questa è una fase assolutamente preliminare per il futuro, non scontato, dell’impiato per la produzione di biometano.
Vale la pena di dire che solo Luigi Lazzaro, presidente regionale di Legambiente, ha manifestato parere cautamente favorevole all’insediamento dell’impianto (seppur con dei distinguo) mentre, Gianni Bregolin di Italia Nostra, ha fortemente criticato il progetto esprimendo contrarietà. Bregolin, pur ammettendo la necessità di ricorrere alle energie rinnovabili per accelerare la decarbonizzazione, ha posto l’accento sugli impatti potenziali in termini di emissioni odorigene e inquinanti e di come questi progetti si reggano solo grazie alla forte incentivazione dal Pnrr.
Se all’ing. Giuseppe Romani è spettato introdurre l’argomento parlando dell’iter autorizzativo degli impianti di energia rinnovabili, gli ingegneri Giammateo Bordignon e Enrico Lanzoni con l’agronomo Lorenzo Maggioni della “BMT8 srl” Società di scopo che ha progettato l’impianto di Biometano hanno ovviamente sostenuto le ragioni a favore della realizzazione.
Fra i numerosi interventi dal pubblico, tutti di orientamento contrario all’impianto, si segnala per l’inattesa moderazione quello dell’ex sindaco Antonio Laruccia, che però ha concluso dicendo “Trecenta non deve salvare il mondo”, invitando i sindaci a chiedere la valutazione di impatto sanitario, “…necessario in quanto l’ipotizzato impianto sorgerà nelle vicinanze la struttura ospedaliera del San Luca”. A latere Laruccia ha comunque espresso la convinzione che la sindaca sia sostanzialmente favorevole alla realizzazione del progetto.
continua su:https://www.rovigo.news/biometano-a-trecenta-dalla-platea-un-coro-di-no-contro-limpianto/
INTERPELLANZA – Presentata dal gruppo “La Comune” in Consiglio comunale
Richiesta in merito a costruzione di nuovo impianto di biometano a Vigarano Mainarda
20-09-2024 / Giorno per giorno
Questa l’interpellanza pervenuta agli uffici comunali:
– i consiglieri dei gruppi consiliari di minoranza (La Comune, M5S, Civica Anselmo, PD) del Consiglio comunale di Ferrara) ha interpellato il sindaco Alan Fabbri in merito alla costruzione di un nuovo impianto di biometano nel Comune di Vigarano Mainarda (FE), ma con accesso da via Catena (Ferrara).
>> Pagina riservata alle interpellanze/interrogazioni presentate dai Consiglieri comunali e relative risposte (a cura del Settori Affari Generali/Assistenza agli organi del Comune di Ferrara) all’indirizzo www.comune.fe.it/it/anagrafe-pubblica-degli-eletti-e-pubblicizzazione-atti/interrogazioni-e-interpellanze
Allegati scaricabili:
Partecipa all’assemblea pubblica organizzata dalle opposizioni, Mobilitazione
Giovedi 19 Settembre, alle 0re 18.30 davanti al Municipio
BIOMETANO. Vigaranesi in piazza contro un’altra Centrale…
https://www.estense.com/2024/1094775/biometano-vigaranesi-in-piazza-contro-unaltra-centrale/
Vigarano (FE). Anche il PD chiede di fermare la centrale biometano…
Ultimi aggionamenti Link/ continua su: https://www.estense.com/2024/1093913/vigarano-anche-il-pd-chiede-di-fermare-la-centrale-biometano/
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https://www.arianuovabondeno.com/conferenze/
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Vediamo quanto inquiniamo: foto di un pianeta da salvare
Quanto inquiniamo? Più che le parole, a volte, sono le immagini a rendere consapevoli.
Continua su: https://www.arianuovabondeno.com/ambiente-e-
Ferrara, già superate le giornate di sforamento nel 2024 per PM10 nell’aria
A Ferrara i più recenti dati mostrano PM10 e PM2.5 ancora a livelli troppo preoccupanti, superato il limite di giornate di sforamento. Perché?
10 Maggio 2024, 07:52
Sommario
- Il progetto Air-Break e il miglioramento della qualità dell’aria a Ferrara
- La qualità dell’aria: a Ferrara preoccupa il PM10
- PM10 la media annuale a Ferrara
- PM2.5 a Ferrara
- In recupero sul biossido di azoto
……Continua su: https://www.consulcesi.it/legal/ambiente/blog/inquinamento-aria-ferrara-superate-giornate-sforamento-pm10
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I liquami sono responsabili anche dell’acidificazione del suolo
Ma il problema non è solo l’emissione nell’aria di ammoniaca. I liquami infatti sono anche complici dell’acidificazione del suolo e dell’inquinamento delle acque superficiali e sotterranee. In Italia lo spandimento di liquami è regolato da un’apposita normativa che stabilisce quali sono i periodi dell’anno in cui gli allevamenti possono appunto spandere i liquami accumulati e poi trattati nei campi, usandoli come fertilizzante.
Purtroppo però non sempre queste leggi vengono rispettate e noi di Animal Equality nelle nostre inchieste negli allevamenti abbiamo più volte dimostrato come il trattamento di questi pericolosi rifiuti sia spesso inadeguato: liquami non trattati e altamente inquinanti senza contenimento che finiscono direttamente nel terreno, sversamenti irregolari, mancato trattamento di animali morti e dei loro cadaveri. Tutte pratiche che fanno “ammalare” il terreno e la falda acquifera del nostro Paese.
Una legge contro gli allevamenti intensivi, la proposta delle associazioni ambientaliste
Un gruppo di associazioni ambientaliste ha presentato alla Camera dei Deputati una legge per fermare la produzione insostenibile degli allevamenti intensivi.
- Gli allevamenti intensivi sono sistemi produttivi insostenibili dal punto di vista del benessere animale e della salute umana e ambientale.
- Con il consumo di carne attuale, ogni italiano emette il doppio di CO2e di quanto farebbe con la dieta mediterranea nella sua versione originale, con un limitato consumo di carne.
- Alcune associazioni ambientaliste hanno presentato una proposta di legge per fermare l’espansione degli allevamenti intensivi e creare sistemi alimentari a favore di animali, consumatori, piccoli agricoltori.
Una proposta di legge per cambiare gli allevamenti intensivi: l’hanno presentata il 22 febbraio scorso, in una conferenza stampa presso la Camera dei Deputati, Greenpeace, Wwf Italia, Isde – Medici per l’ambiente, Lipu, Terra!. A sostegno dell’iniziativa sono intervenuti, tra gli altri, i deputati Michela Vittoria Brambilla (Noi Moderati), Eleonora Evi (Alleanza Verdi Sinistra), Carmen Di Lauro (Movimento 5 Stelle), Andrea Orlando (Partito Democratico) e il Comitato locale G.A.E.T.A. di Schivenoglia (MN).
Stop agli allevamenti intensivi: gli obiettivi della proposta di legge
L’obiettivo della proposta è cambiare il sistema produttivo degli allevamenti intensivi che, come sottolineato dai relatori, danneggia la salute, il benessere degli animali, l’ambiente e le piccole aziende. Le richieste delle associazioni ambientaliste sono:……..(Continua su:https://www.lifegate.it/proposta-legge-contro-allevamenti-intensivi)
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Gli allevamenti intensivi possono anche produrre un cocktail di agenti contaminanti, in particolare agenti patogeni come il batterio E. coli, metalli pesanti e pesticidi. Questi contaminanti rappresentano una minaccia potenziale per la nostra salute, oltre che per quella di altri animali e vegetali.
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L’allevamento intensivo inquina i terreni, le acque e i mari, contaminando la natura con tossine potenzialmente mortali.
Con migliaia di animali ammassati in luoghi chiusi, questi allevamenti intensivi sono suscettibili di creare tutta una gamma di agenti inquinanti. Queste sostanze inquinanti possono danneggiare al tempo stesso l’ambiente naturale, gli animali e le piante.
Nel 2006, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) ha descritto l’allevamento intensivo come «… uno dei fattori che maggiormente contribuiscono ai più gravi problemi ambientali attuali».
Molti animali significano molto cibo
Metodi di allevamento più tradizionali sono spesso efficaci per trasformare l’erba e certe deiezioni in alimenti utili per il bestiame. Il modello di allevamento « crescita rapida, rendimento elevato » è invece molto meno efficace, perché utilizza delle quantità considerevoli di cereali e di soia ricca di proteine per rispondere alle necessità alimentari degli animali. Le colture di cereali ricevono quantità massicce di pesticidi e di fertilizzanti ricchi d’azoto e fosforo per stimolarne la crescita, ma una gran parte di questi prodotti può diffondersi nei terreni e nelle falde freatiche.
« L’allevamento bovino americano è responsabile di circa un terzo dell’azoto e del fosforo che si riversa nelle acque dolci del paese. (Fonte: FAO, 2006) »
Molti animali significano molti rifiuti
Gli animali degli allevamenti producono ogni giorno grandi quantità di rifiuti ricchi di azoto e fosforo. Questo fatto può essere di per sé un elemento positivo: le deiezioni di origine animale possono servire da letame e reintegrare il suolo di alcune sostanze nutritive. Tuttavia, negli allevamenti intensivi, la concentrazione degli animali all’interno di capannoni chiusi significa in genere che i rifiuti sono fortemente concentrati su zone relativamente ristrette. Se questi rifiuti non vengono gestiti ed eliminati correttamente, e ciò accade spesso, finiscono nell’ambiente naturale.
« Certi grandi allevamenti producono più rifiuti grezzi della popolazione umana di una grande città americana. (Fonte: US Government Accountability Office, 2008) »
Un inquinamento potenziale
L’azoto e il fosforo possono essere all’origine di gravi problemi, per esempio quando si ritrovano nei corsi d’acqua. La loro presenza massiccia provoca la proliferazione di alghe che monopolizzano l’ossigeno presente nell’acqua, il che può uccidere le piante e gli animali, se non addirittura lasciare delle vaste «zone morte» nelle quali possono sopravvivere solo poche specie.
Una parte dell’azoto diventerà gassoso, trasformandosi per esempio in ammoniaca; ciò contribuisce ad acidificare le acque e a ridurre lo strato di ozono. Inoltre, possiamo subire delle conseguenze dirette e immediate, poiché può essere minacciata la qualità dei nostri approvvigionamenti idrici.
« L’allevamento del bestiame è responsabile di oltre il 60% delle nostre emissioni globali di ammoniaca. (Fonte: FAO, 2006)»
Altri effetti negativi
Gli allevamenti intensivi possono anche produrre un cocktail di agenti contaminanti, in particolare agenti patogeni come il batterio E. coli, metalli pesanti e pesticidi. Questi contaminanti rappresentano una minaccia potenziale per la nostra salute, oltre che per quella di altri animali e vegetali.
« Il liquame di maiale è 75 volte più inquinante dei liquami domestici grezzi. (Fonte: Archer, 1992) »
Cosa puoi fare?
L’allevamento intensivo inquina l’ambiente. Intraprendendo azioni per limitare l’allevamento intensivo, non partecipiamo semplicemente a una rivoluzione agricola e alimentare, ma combattiamo anche uno dei più urgenti problemi ambientali.
- Informati sui diversi metodi di allevamento degli animali
- Consulta la pagina sul Consumo responsabile
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Biodigestore, la critica di Tamino: «Il biometano è inquinante, l’economia circolare è altro»
di Lorenzo Furlani
3 Minuti di Lettura
Lunedì 5 Luglio 2021, 09:35 – Ultimo aggiornamento: 13:35Condividi
VALLEFOGLIA – La relazione in programma contraddice la narrazione comune divulgata da un coro di fonti – produttori, istituzioni, politici pressoché di tutti gli schieramenti e media – sulle virtuose funzioni della digestione anaerobica, la lavorazione degli scarti alimentari e delle potature accreditata come processo di economia circolare perché recupera dai rifiuti biometano e compost per l’agricoltura.
La narrazione contraddetta
Il titolo è molto significativo: “La produzione di biometano è inquinante e non sostenibile”. Su questo tema il biologo Gianni Tamino, docente in pensione dell’università di Padova e membro del comitato scientifico di Isde (l’associazione dei medici per l’ambiente), aprirà stasera l’incontro pubblico “No al biodigestore di Vallefoglia” organizzato nella sala polivalente di Bottega dall’associazione Diversamente e dalla rete Pesaro Città Sostenibile, con inizio programmato alle 20,30 (forse con diretta Facebook).
«Non si può parlare di un’energia rinnovabile per quanto riguarda il biometano soprattutto quando viene prodotto dalla frazione organica dei rifiuti urbani», afferma il professor Tamino, anticipando i contenuti della sua relazione e contraddicendo sul punto l’ultimo comunicato – e, a caduta, l’intero progetto ambientale – di Green Factory, la società di Marche Multiservizi costituita per realizzare a Talacchio di Vallefoglia un digestore anaerobico da 105mila tonnellate di rifiuti all’anno: «Dai rifiuti organici il biometano, combustibile rinnovabile al 100%».
«Questo concetto – spiega Gianni Tamino – sottintende che bisogna rinnovare a monte la produzione dei rifiuti, mentre l’indicazione europea è quella di ridurre i rifiuti; si può produrre quel tipo di biometano solamente continuando a produrre rifiuti, che invece dovremmo tendenzialmente appunto ridurre. Secondo l’indicazione molto più logica dell’Unione europea non dobbiamo considerare economia circolare quella che porta al recupero di energia bensì quella che porta al recupero di materia.
Quindi dalla frazione organica dei rifiuti urbani noi dobbiamo recuperare compost senza produzione di biogas o biometano».
«Così si genera CO2»
La discriminante sono le emissioni climalteranti, ossia la famigerata anidride carbonica, principale gas che causa l’effetto serra e produce il cambiamento climatico.
«Tendenzialmente dobbiamo riciclare – argomenta Tamino – ma questa economia circolare non si ottiene producendo energia, perché l’energia si genera solo bruciando qualcosa e il biometano bruciato comporta inquinamento ed emissione di CO2. Quindi, per recuperare la materia senza inquinare, bisogna produrre direttamente il compost per l’agricoltura con la digestione aerobica, perché con quella anaerobica, ossia senza ossigeno, per ottenere il compost (come prodotto derivato, ndr) serve altra energia. Tra l’altro dal biogas al biometano occorre un passaggio, un upgrade, che comporta liberazione di altra CO2 e di sostanze inquinanti».
«Si guadagnano solo gli ecoincentivi»
Le uniche energie pulite sono quelle del sole, del vento, dell’acqua. Cosa si guadagna a produrre biometano? Niente dal punto di vista collettivo perché il biometano ottenuto è irrisorio come energia complessiva, si ottengono solo un po’ di incentivi per chi lo produce (gli utili, ndr) senza i quali il biometano è fuori mercato. L’errore sono gli ecoincentivi del governo».
All’incontro a Bottega di Vallefoglia interverranno anche Marco Grondacci giurista ambientale sul tema: “Biodigestori senza regole: il caso Vallefoglia”, Massimo Gianangeli presidente del comitato tutela salute e ambiente Vallesina su “Biodigestore e diritti dei cittadini” e Andrea Torcoletti presidente dell’associazione Diversamente su “Biodigestore: i nostri primi otto mesi di lotte”.
Da impianto di riciclo rifiuti Co2 per usi alimentari
A Asciano: riduce a 5% conferimento discarica, produce biometano
ASCIANO (SIENA), 14 marzo 2024, 13:09
Da impianto di riciclo rifiuti Co2 per usi alimentari – Notizie – Ansa.it
Incremento del riciclo di rifiuti e riduzione dal 20 al 5% del conferimento in discarica oltre alla produzione di biometano da rifiuti organici da immettere in rete, corrispondente al fabbisogno di 1800 famiglie.
E’ il nuovo impianto di riciclo dei rifiuti alle Cortine nel comune di Asciano (Siena), inaugurato questa mattina dopo 18 mesi di lavori, nel quale è installato anche un sistema di cattura dell’anidride carbonica che ha ottenuto, tra i pochissimi in Italia, la certificazione per usi alimentari della Co2 estratta.
Di proprietà di Sienambiente, l’impianto è dotato delle più moderne tecnologie e di un sistema di trattamento delle raccolte differenziate tra i più avanzati e innovativi a livello nazionale.
Nuove tecnologie che porteranno un contributo concreto all’economia circolare con benefici ambientali in termini di riduzione di gas climalteranti per un risparmio complessivo annuo di 102.420 tonnellate di Co2, equivalente all’assorbimento di un bosco di oltre 40 ettari.
Continua su:
Da impianto di riciclo rifiuti Co2 per usi alimentari – Notizie – Ansa.it
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Allevamenti intensivi: emettono ammoniaca, inquinano l’aria e ricevono soldi pubblici
La nostra mappa svela chi sono e dove si trovano i maggiori emettitori di ammoniaca (NH3) beneficiari di fondi PAC
Quanti fondi pubblici nell’ambito della PAC sono destinati ai grandi allevamenti intensivi italiani che emettono più ammoniaca inquinando l’aria? La nostra inchiesta prova a rispondere a questa domanda, svelando chi sono e dove si trovano gli allevamenti intensivi italiani segnalati nel Registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (E-PRTR) che emettono maggiori quantitativi di ammoniaca (NH3), un inquinante pericoloso, e quanti fondi pubblici ricevono le aziende cui fanno capo.
Proprio il monitoraggio delle sostanze inquinanti emesse dagli allevamenti intensivi è al centro del dibattito europeo sulla revisione della direttiva sulle emissioni industriali: dal prossimo voto del parlamento europeo dipenderà l’efficacia nel limitare l’inquinamento prodotto da queste attività.
Chiedi al Governo Italiano di bloccare la costruzione di nuovi allevamenti intensivi e di frenare le conseguenze disastrose di quelli esistenti!
L’ammoniaca è un problema per la salute
L’ammoniaca è una sostanza rilasciata principalmente dalle attività agricole che concorre in maniera importante a formare lo smog che respiriamo: una volta liberata in atmosfera questo gas si combina con alcune componenti (ossidi di azoto e di zolfo) generando le pericolose polveri fini. Dati alla mano, in Italia gli allevamenti sono la seconda causa di formazione del particolato fine (responsabili di quasi il 17% del PM2,5), più dei trasporti (14%) e del settore industriale (10%), preceduti solo dagli impianti di riscaldamento (37%).
Mappare dove si trovano i maggiori emettitori di ammoniaca è quindi cruciale per sapere quanto è compromesso l’ambiente in cui viviamo, visto che l’elevata presenza di polveri fini comporta pesanti ricadute per la salute, come abbiamo mostrato in un precedente studio condotto con ISPRA.
La mappa degli stabilimenti che emettono più ammoniaca
Per costruire la nostra mappa, siamo partiti dal Registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (E-PRTR), che include anche gli allevamenti che dichiarano emissioni per più di 10 tonnellate di ammoniaca (NH3) l’anno . Dalla nostra inchiesta risulta che sono 894 gli allevamenti italiani che nel 2020 hanno comunicato le loro emissioni di ammoniaca al Registro europeo, corrispondenti a 722 aziende, alcune delle quali fanno capo a gruppi finanziari come il colosso assicurativo Generali, a nomi noti del food come Veronesi SpA, holding che comprende i marchi Aia e Negroni, o a grandi aziende della zootecnia come il gruppo Cascone.
La nostra mappa mostra come le regioni della Pianura Padana siano quelle maggiormente a rischio. Qui, infatti, ha sede il 90% degli allevamenti italiani che nel 2020 hanno emesso più ammoniaca. Capofila è la Lombardia, dove si trova oltre la metà degli stabilimenti che emettono grandi quantità di ammoniaca, seguita da Emilia Romagna e Veneto.
9 aziende su 10 hanno ricevuto fondi pubblici
Incrociando i dati del Registro europeo forniti da ISPRA con gli elenchi dei beneficiari dei fondi della Politica Agricola Comune (PAC), abbiamo scoperto che quasi 9 aziende su 10, tra quelle che possiedono allevamenti segnalati nel Registro hanno ricevuto finanziamenti pubblici: un totale di 32 milioni di euro nel 2020, per una media di 50.000 euro ad azienda.
Ma quello che siamo riusciti a svelare è solo la punta dell’iceberg! Infatti, la normativa attualmente in vigore consente di monitorare, attraverso il registro E-PRTR, solo le emissioni degli stabilimenti più grandi, in grado di ospitare oltre quarantamila polli, duemila maiali o 750 scrofe, escludendo completamente gli allevamenti di bovini, nonostante siano a loro volta responsabili di rilevanti emissioni di ammoniaca e metano. Rimangono fuori anche tutte quelle aziende che, pur essendo sotto la soglia minima che obbliga alla comunicazione dei dati, concorrono alle emissioni totali del settore.
Tanto che nel 2020 il 92% delle emissioni di ammoniaca prodotte dagli allevamenti non ha trovato “responsabili” nell’E-PRTR, perché non monitorato. Questa dannosa lacuna segnala l’urgenza di monitorare e regolamentare un maggior numero di allevamenti, come previsto dalla proposta della Commissione UE di modifica della direttiva europea sulle emissioni industriali. Una proposta che sarà votata a breve dall’Europarlamento, fortemente osteggiata da alcune forze politiche e organizzazioni di categoria che, per proteggere gli interessi di una manciata di maxi-allevamenti, stanno mettendo indirettamente a rischio la salute di milioni di persone impattate da queste attività.
Chiedi al Governo Italiano di bloccare la costruzione di nuovi allevamenti intensivi e di frenare le conseguenze disastrose di quelli esistenti!
Come protegge la salute e l’ambiente
Le polveri fini (PM2,5) sono responsabili di decine di migliaia di morti premature ogni anno: l’Agenzia Europea per l’Ambiente ha stimato quasi 50.000 vittime in Italia nel solo 2019. Com’è possibile ridurre drasticamente la diffusione di queste sostanze, se, parallelamente, si continuano a finanziare i modelli zootecnici intensivi e inquinanti che le producono?
Sembra che in Italia si faccia finta di ignorare che gli allevamenti intensivi sono già da anni considerati “attività insalubri di prima classe“, e che pertanto servono misure per proteggere la salute delle persone e l’ambiente dalle loro pericolose emissioni. Per farlo in modo efficace, occorre pianificare una riduzione del numero degli animali allevati, come sta già accadendo in altri Paesi europei. Rimandare questi provvedimenti, significherebbe ignorare gli impatti su salute e ambiente legati all’inquinamento prodotto dagli allevamenti intensivi.
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Ferma gli Allevamenti Intensivi
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#Agricoltura #Cibo #Inquinamento #Salute
Perché gli allevamenti intensivi
sono i più inquinanti e i più finanziati
dall’Europa “green”? E la Pianura
Padana diventa una “camera a gas”…
20 febbraio 2024
Sta facendo discutere che insieme a Delhi (India), Dhaka (Bangladesh) e Lahore (Pakistan), Milano sia ai primi posti per la pessima qualità dell’aria della classifica aggiornata in tempo reale dal sito svizzero IQAir. Ma non è solo il capoluogo lombardo a essere messo male, perché la Pianura Padana ormai da food valley si sta trasformando in una camera a cas e non solo a causa del traffico o delle industrie, quanto per le emissioni degli allevamenti intensivi. Sono i più inquinanti e quelli che ricevono più fondi dall’Europa e non ne parla nessuno. Ecco perché
Una volta si chiamava Gallia Cisalpina, e divenne territorio italico popoloso di colonie romane, immerse in un paesaggio morbido e bucolico. Da molto tempo oramai, la Pianura Padana si è trasformata in una vera e propria camera a gas. Sapevamo già che era una delle zone più insalubri d’Italia e d’Europa prima che ce lo confermasse il Corriere della Sera, che le auto, le industrie e il riscaldamento sono un fattore inquinante di portata enorme, che la sua conformazione morfologica non agevola il riciclo dell’aria, destino infausto, ma che una delle cause principali dell’inquinamento sia dovuto dall’alta concentrazione di allevamenti intensivi presenti, è un’informazione che spesso viene data a mezza bocca o omessa, per salvaguardare potenti interessi economici di un’industria che continua ad alimentare la credenza che la carne sia necessaria alla sopravvivenza del genere umano, anche se non è vero. Però qui lo griderò forte e chiaro: l’industria zootecnica è una delle industrie più impattanti del mondo a livello ambientale. Per farvi capire il perché, non posso non parlarvi di dati e numeri. I numeri devastanti della zootecnia intensiva, secondo i dati dell’anagrafe nazionale zootecnica, gli allevamenti in Italia sono più di 400.000, la maggior parte situati in Lombardia, Veneto, Piemonte e Emilia-Romagna. Gli allevamenti bovini (1,5 milioni di animali e quindicimila aziende) suini (oltre quattro milioni, circa la metà del totale nazionale), concentrati soprattutto in Lombardia, aggiunti a quelli avicoli, ovini e di conigli hanno reso la Pianura Padana invivibile per l’alta concentrazione di ammoniaca e metano presente in quell’area. Complessivamente, gli allevamenti causano il 79% delle emissioni di gas serra nel settore dell’agricoltura, una ripercussione ambientale che non può che aggravare il già precario equilibrio naturale, derivante dalle emissioni di gas climalteranti prodotte dai combustibili fossili, come il petrolio, il carbone e il gas
Il ruolo degli allevamenti intensivi nell’inquinamento record della Pianura Padana
Greenpeace: «L’ammoniaca prodotta costituisce la seconda causa di formazione di polveri sottili, che in Italia causano ogni anno circa 50.000 morti premature»
[20 Febbraio 2024]
Dopo settimane da record per l’inquinamento atmosferico in Pianura Padana, solo a partire da oggi – quando peraltro iniziano ad essere attese condizioni meteo più favorevoli – la Regione Lombardia ha avviato le attese misure antismog, seguendo quanto già messo in campo da Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte.
«Siamo al paradosso di dover attendere che si concluda un’emergenza conclamata, oltre che chiaramente prevedibile, in Lombardia così come nel resto del bacino padano, per attivare quelle procedure emergenziali che dovrebbero servire a prevenirla», dichiarano nel merito gli ambientalisti di Legambiente Lombardia.
Eppure le premesse per un’azione più tempestiva c’erano tutte: lo stesso circolo regionale del Cigno verde segnala che a Milano, due giorni fa, la centralina Arpa di via Senato segnava livelli di Pm2.5 pari a 118 microgrammi/mc come media giornaliera – un valore 24 volte più alto dei livelli raccomandati dall’Oms su base annuale – e 136 di Pm10, toccando «il picco di una crisi di inquinamento i cui livelli non sono mai stati eguagliati dal gennaio 2017».
L’assessore regionale all’Ambiente, Giorgio Maione, preferisce guardare il bicchiere mezzo pieno, osservando che negli ultimi vent’anni si è registrata in Lombardia «una riduzione del 39% delle concentrazioni di Pm10 e del 45% delle concentrazioni di NO2», ma la cronaca rende evidente che picchi emergenziali continuano a capitare.
Soprattutto, nonostante un trend in miglioramento – che riguarda la qualità dell’aria in tutta Italia –, il nostro Paese resta il peggiore d’Europa per morti premature da inquinamento atmosferico, dato che l’Agenzia europea dell’ambiente documenta ben 46.800 decessi all’anno da PM2.5, altri 11.300 da NO2 e 5,100 da O3.
Gli ambientalisti si chiedono dunque perché fino ad oggi non sia stata prevista nessuna limitazione «nemmeno per l’attività che maggiormente contribuisce all’aumento del particolato sottile, ovvero lo spandimento di liquami zootecnici», in tutti i campi lombardi.
«La totale inadeguatezza delle risposte agli episodi di inquinamento di questo inizio 2024 hanno azzerato la residua fiducia verso amministrazioni evidentemente irresponsabili riguardo agli effetti sanitari dell’inquinamento – dichiara Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia – Alla luce dei fatti, le istituzioni pubbliche della Lombardia risultano evidentemente, e colpevolmente, sprovviste di strumenti per la prevenzione e gestione delle emergenze sanitarie. L’immobilismo delle istituzioni non è compatibile con i diritti fondamentali di tutela della salute dei cittadini».
I dati Arpa Lombardia messi in fila da Greenpeace per Milano parlano chiaro: se i valori di ozono, biossidi di azoto e zolfo sono rimasti entro i valori limite, nelle ultime settimane le polveri sottili Pm10 hanno avuto una media giornaliera di 100 microgrammi al metro cubo di aria, un dato decisamente preoccupante dato che il valore limite è di 50. I giorni in cui tale limite è stato superato è salito a 16 giorni sui 47 trascorsi dall’inizio dell’anno fino a sabato scorso.
Altro dato allarmante riguarda invece le Pm2.5 – le polveri sottili più pericolose – che sono risultate pari a 76 microgrammi al metro cubo, superiore al valore giornaliero di 5 microgrammi al metro cubo e di 15 su un periodo di 3-4 giorni, indicato dall’Oms.
Valori simili a quelli di Milano sono stati registrati nelle zone di pianura dai servizi ambientali di Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna.
A incidere in modo determinante sull’inquinamento atmosferico in Pianura Padana sono le condizioni geografiche locali, che la rendono un bacino racchiuso tra Alpi e Appennini dove – soprattutto in caso d’inversione termica – gli inquinanti restano schiacciati al suolo. Al contempo, ovviamente questi inquinanti non arrivano dal nulla.
«Gli allevamenti intensivi, insieme al riscaldamento, sono tra i principali responsabili dell’aumento dei livelli di inquinamento da Pm2,5 – affermano nel merito da Greenpeace – A tal proposito è emblematico il nostro studio realizzato in collaborazione con Ispra, che indaga i settori che hanno maggiormente contribuito all’inquinamento da Pm in Italia. Nel 2018 i settori più inquinanti sono risultati essere il riscaldamento residenziale e commerciale (36,9%) e gli allevamenti (16,6%): dati alla mano, insieme questi due settori sono la causa di quasi il 54% del Pm2,5 nazionale. Seguono i trasporti stradali (con il 14%) e le emissioni dell’industria (10%)».
In particolare l’ammoniaca prodotta dagli allevamenti intensivi «costituisce la seconda causa di formazione di polveri sottili – Pm2.5 – che in Italia causano ogni anno circa 50.000 morti premature».
Un problema che non riguarda certo soltanto Milano. Nel merito Legambiente ricorda che nel 2023, secondo l’ultimo report di Mal’aria di città, 18 città su 98 hanno superato i limiti giornalieri di Pm10. Ben 16 delle 18 città si trovano nel bacino padano e 6 sono lombarde(Mantova 62, Milano 49, Cremona 46, Lodi 43, Brescia e Monza 40.
«Da anni con il report Mal’aria di città denunciamo l’emergenza cronica dell’inquinamento atmosferico che soffoca la nostra penisola e che trova, soprattutto in Pianura Padana, la sua area più vulnerabile. Qui a pesare è anche l’effetto degli allevamenti intensivi e dell’agricoltura – conclude il dg di Legambiente nazionale, Giorgio Zampetti – Si introduca una vera e propria rivoluzione urbana con misure strutturali e integrate che abbiano al centro una mobilità sempre più sostenibile, il trasporto pubblico locale che deve essere maggiormente incentivato, e prevedendo al tempo stesso azioni concrete per contrastare anche le altre fonti inquinanti come riscaldamento e agricoltura. Non si perda altro tempo».
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*LA CRISI DEL MODELLO NEOLIBERISTA, TRA DISASTRI AMBIENTALI E CRITICITÀ ECONOMICO-SOCIALI: IL CASO DELL’EMILIA-ROMAGNA*
Abbiamo deciso di promuovere questo convegno, un importante momento di riflessione collettiva, perché ci appare fondamentale produrre e consolidare un pensiero lungo e strutturato sulle dinamiche economiche, sociali e ambientali che riguardano, in primo luogo, la nostra regione. Non è più credibile continuare, come fa il presidente della Regione, a magnificare la bontà del “modello emiliano-romagnolo”, da prendere a riferimento anche per gli altri territori. Né è sufficiente – se mai lo è stato – evidenziare come questo modello produca impatti pesanti dal punto di vista ecologico e ambientale e sulla stessa salute delle persone. La stessa connessione tra giustizia climatica e giustizia sociale rischia di diventare un approccio semplicistico e, alla fine, privo di una capacità effettiva di leggere (e contrastare) i processi in atto anche in Emilia-Romagna.
Pensiamo, invece, sia fondamentale mettere in chiaro come tutte le scelte di politica economica, sociale e ambientale siano strettamente connesse. Come esse si inquadrano dentro il pensiero unico e la pratica del neoliberismo, rispetto al quale il “modello emiliano-romagnolo” può prestare maggiore attenzione ad alcuni tratti di solidarietà ed inclusione sociale, ma che, tuttavia rimane inscritto in quel paradigma e ne è tutt’al più una variante. Neoliberismo che, peraltro, oggi attraversa una crisi strutturale, che non implica certamente un suo possibile ripensamento in termini positivi, ma che, senz’altro, fa sempre più fatica a riproporre la sua logica di crescita “infinita”, fondata su produttivismo ed estrattivismo, il primato del mercato e della finanza, la subordinazione ad essi delle questioni ambientali e della conversione ecologica, la privatizzazione dei beni comuni.
Questa riflessione di fondo, che vogliamo approfondire nello svolgimento del convegno, anche con apposite sessioni di lavoro, può diventare anche la leva e il terreno comune su cui costruire convergenze importanti, al di là di occasioni specifiche che rischiano di risultare fragili, per tutti i movimenti e le realtà sociali che sono convinte che occorre progettare un nuovo a alternativo modello produttivo, sociale e ambientale, anche nella nostra regione. E che non c’è molto tempo per farlo.
Rete Emergenza Climatica e Ambientale Emilia Romagna
*>>> LINK PROGRAMMA E INFO:
https://www.recaemiliaromagna.it/event-item/convegno17e18febbraio/
17 febbraio ore 9:30-13
Prima sessione
Produttivismo, estrattivismo, finanziarizzazione dell’economia. Un modello di sviluppo che non funziona più nel mondo e in Emilia-Romagna
Modera: Viviana Manganaro, RECA, attivista ambientalista
Alfonso Gianni, direttore della rivista trimestrale Alternative per il Socialismo
Capitale globale e dimensioni regionali
Marco Bersani, Attac Italia
Finanziarizzazione dell’economia e del modello emiliano-romagnolo
Massimo Serafini, ambientalista
Uno sguardo ecologista sulla crisi del modello emiliano-romagnolo
Pier Giorgio Ardeni, professore economia politica dello sviluppo, Università Bologna
Più sviluppo, più consumo. Perché siamo alla fine della corsa (anche in Emilia-Romagna)
Marina Mannucci, attivista diritti umani e ambientali
Crisi climatica, donne, intersezionalità. Storie r-esistenti
Wu Ming 2
Il pugno d’asfalto nel guanto verde. Retorica e devastazione in Emilia-Romagna
17 febbraio ore 15-18:30
Seconda sessione
Clima, Ambiente naturale, Ambiente urbano, Aree interne. Dal disastro annunciato al cambio di paradigma
Modera: Gabriele Bollini, RECA
Federico Grazzini, climatologo, ARPAE Emilia-Romagna
Il cambiamento climatico in Emilia-Romagna
Anna Gerometta, Cittadini per l’Aria
Qualità dell’aria ed effetti sulla salute
Luca Gullì e Margherita Romanelli, Diritti alla Città
Rigenerazione urbana: le soluzioni presenti generano i problemi futuri
Piero Cavalcoli e Gioacchino Piras, Osservatorio Urbano di Bologna
Consumo di suolo in Emilia-Romagna, con un occhio ai temi dell’energia e del clima
Bruna Gumiero, biologa, professoressa Alma Mater Bologna
I fiumi nella riprogettazione delle politiche ambientali
Giulio Conte, biologo, Ambiente Italia, IRIDRA
Il ciclo dell’acqua il governo del territorio
Giovanni Poletti, agronomo
Albero motore, di città (auto) Albero, motore di città (verde)
18 febbraio ore 9:30-13
Terza sessione
Beni comuni: Mobilità-infrastrutture, Energia, Acqua, Rifiuti, Economia contadina, Pace e democrazia. Verso un altro mondo possibile e necessario
Modera: Pierpaolo Lanzarini, RECA, Campi Aperti
Linda Maggiori RECA, attivista e giornalista freelance
Autostrade o ferrovie? Le politiche della mobilità (in)sostenibile in Emilia-Romagna
Leonardo Setti RECA, docente Università Bologna
Per una vera e democratica conversione energetica, basata sulle energie rinnovabili
Corrado Oddi RECA, Forum Italiano Movimenti per l’Acqua
Privatizzazione dei beni comuni ed espropriazione decisionale dei cittadini. Il caso dell’Acqua
Natale Belosi, RECA, Rete Rifiuti Zero
Uso insostenibile delle risorse e politiche dei rifiuti
Antonio Onorati, Associazione Rurale Italiana
Economia contadina, la transizione possibile
Sergio Bassoli, Rete Pace e Disarmo
Pace e democrazia, fondamenta di un nuovo modello produttivo, sociale e ambientale
INFO LOGISTICHE:
ARRIVARE:
La sala di quartiere del Comune di Bologna
è accessibile sia da via Ludovico Berti che da via dello Scalo
https://maps.app.goo.gl/Bt7hHH4i24FUznzC7
Dalla stazione:
autobus 33 (10 minuti) o 35 (14 minuti)
a piedi lungo i viali occidentali (21 minuti)
in auto:
parcheggio nelle vie circostanti il complesso edilizio dove ha sede la sala
A pagamento. App per la gestione della sosta: mooneygo (ex mycicero)
PRANZO:
BIO, kmzero, vegan-friendly organizzato da Campi Aperti
prezzo popolare
info e prenotazioni entro il 10 febbraio: convegno17e18febbraio@gmail.com
ACCESSIBILITÀ:
Piano terra, no barriere architettoniche
Animali benvenuti
salute/#:~:text=Vediamo%20quanto%20inquiniamo%3A%20foto%20di%20un%20pianeta%20da%20salvare
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Impianto di Zerbinate, è battaglia legale
Bondeno, l’azienda Biopig Italia si appella al Tar per annullare la delibera del consiglio comunale che vieta l’ampliamento
Impianto di Zerbinate, è battaglia legale
BONDENO
La battaglia tra amministrazione comunale e la società agricola Biopig Italia si sposta davanti sul binario della controversia legale. L’azienda infatti ha scelto di ricorrere al Tar dell’Emilia-Romagna per chiedere l’annullamento di svariati documenti, fra cui la delibera del consiglio comunale di Bondeno dello scorso 26 ottobre con la quale l’assemblea aveva respinto la variante urbanistica per l’ampliamento di un impianto zootecnico esistente sito a Zerbinate. Si trattava dell’iter per la notevole espansione dell’allevamento di suini di Zerbinate: durante la seduta del 26 ottobre 2023, il Consiglio aveva rigettato l’approvazione della deliberazione con i voti contrari dei gruppi Partito Democratico e Bondeno in Testa, il voto favorevole della lista civica Davide Verri Sindaco, e l’astensione degli altri gruppi che compongono la maggioranza.
https://www.ilrestodelcarlino.it/ferrara/cronaca/impianto-di-zerbinate-e-battaglia-legale-51e74700
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Dai fanghi di depurazione al digestato nel biogas: risorsa o problema per salute?
Sito Web: Digestato nel biogas: risorsa o problema per salute? (terredifrontiera.info)
AUTORE:
Quanto è realistico pensare al digestato come ad una sostanza utilizzata in piena sicurezza? Ha senso evidenziare la sua natura di concime o quella di sostanza spesso utilizzata senza avere una piena certezza sul livello di inquinamento nei terreni dove viene distribuita? Ecco cosa sta accadendo, anche dal punto di vista normativo, nel nostro Paese.
Persino sull’inquinamento ‘da puzza’ lo Stato fa le cose a metà per non scontentare nessuno
Tra i tanti inquinamenti che ci affliggono, ce n’è uno di cui poco si parla; ma basta guardare le denunzie che arrivano in Procura per capire che è molto più frequente di quanto si pensi.
Si tratta dell’inquinamento da puzza o, per meglio dirlo con il legislatore, da “emissioni odorigene”, che fino a poco tempo fa non veniva neppure preso in considerazione dalle nostre leggi di tutela ambientale. Tanto è vero che nei casi più insopportabili si ricorreva ad un generico articolo (il 674) del codice penale che punisce come contravvenzione chiunque “provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a molestare le persone”; e che, pur se non parla di odori, era stato ritenuto applicabile dalla Cassazione, in casi dove, ad esempio, c’è gente che deve vivere con le finestre sempre chiuse per attutire esalazioni moleste provenienti da manifatture come torrefazioni di caffè o da terreni agricoli abbondantemente ricoperti di concimi e immondi fanghi da depurazione. Per non parlare delle esalazioni da rifiuti giacenti in discariche o per strada.
Continua:
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La dura protesta sul biometano. Centrale, la rete dei cittadini:: “La nostra battaglia va avanti”
Residenti e associazioni in assemblea per ribadire il no alla costruzione della struttura “Disagi e impatto ambientale devastanti”. E a protestare c’è anche l’undicenne Ettore.
La dura protesta sul biometano. Centrale, la rete dei cittadini:: “La nostra battaglia va avanti”
“La battaglia contro la costruzione della centrale biometano va avanti”. Si tratta del messaggio emerso al termine dell’incontro pubblico sulla centrale che dovrebbe sorgere a Villanova, tenutasi nella sala del campo sportivo della frazione ferrarese completamente sold out. Un momento di confronto dove si è discusso sul tema ‘centrali biogas-biometano nel nostro territorio’, promosso dal gruppo cittadini ‘No biometaNo’ di Villanova. Un incontro che ha visto la presenza anche di altri comitati: ‘Aria nuova’ di Bondeno, l’associazione ‘Vivere meglio Formignana’ e comitato di Masi Torello, con relazione finale di Gian Gaetano Pinnavaia, della Rete giustizia climatica.
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Biogas nel Ferrarese. Comitati e gruppi avviano un ragionamento trasversale
Biogas nel Ferrarese. Comitati e gruppi avviano un ragionamento trasversale | estense.com Ferrara