Biomasse

Cogeneratori a biomassa: quali sono i danni all’ambiente, alla salute e all’economia? Se ne parla questa sera a Felino

Questa sera alle ore 21 si terrà un incontro al Teatro Comunale di Felino dove si spiegherà il perchè i cogeneratori a biomassa, impianti annoverati tra le energie rinnovabili, sono inquinanti e dannosi per l’ambiente, la salute umana e l’economia locale.

Questa sera a Felino alle ore 21 una rete di comitati della zona Pedemontana ha organizzato un incontro per informare la popolazione felinese (e non) sui danni provocati dagli impianti a biomassa. Impianti già esistenti nella zona con la costruzione del cogeneratore Citterio a Poggio Sant’Ilario che, negli ultimi anni, ha avuto vari problemi: sversamenti nel rio, rottura del motore, odori nauseabondi avvertiti dagli abitanti della zona. (Qui tutti gli articoli)

Parmatoday per aver riportato tutto ciò è stata citata in giudizio dalla stessa ditta ma la questione è stata risolta, abbiamo vinto la causa e salvato il sacrosanto diritto di informazione. 

Questo tipo di impianti vengono ancora promossi nei piani energetici comunali, confermano i comitati.

L’assemblea conivolgerà alcuni esperti che informeranno la popolazione sui danni ambientali, sanitari ed economici provocati da questi impianti.

Ecco il comunicato dei comitati:

DIFENDIAMO IL DIRITTO ALLA SALUTE!

L’Emilia Romagna, anche per la sua conformazione,

è considerata “zona rossa” a causa dell’altissimo

livello di inquinamento.

Nel territorio della Pedemontana si conferma, sulla base di

svariate testimonianze, l’aumento di malattie tumorali.

Si rende necessaria una politica che riduca i fattori inquinanti e preservi l’ambiente e la salute.

Al contrario il Comune di Felino, con le sue delibere, incentiva l’utilizzo di impianti a biogas e biomasse alimentati da scarti di origine animale e vegetale per la produzione di energia.

Forse non tutti sanno che…

biomasse e biogas, impropriamente classificate come energie rinnovabili, sono in realtà impianti insalubri di prima classe, altamente inquinanti.

Infatti le biomasse sono centrali a combustione che sprigionano all’anno tonnellate di co2, polveri sottili, diossine, benzopirene, ossidi di azoto e idrocarburi policiclici aromatici.

Tutte queste sostanze immesse nell’ambiente sviluppano malattie respiratorie e cardiovascolari, malformazioni fetali e tumori.

Difendiamo la nostra economia!

Biomasse, biogas e cogeneratori sono veri e propri inceneritori che inquinano aria, acqua e terra compromettendo la catena alimentare e la qualità delle produzioni tipiche del nostro territorio.

L’inquinamento riduce la fertilità dei terreni e pregiudica irrimediabilmente il valore degli immobili.

Tra alcuni mesi a Felino ci saranno le elezioni comunali…divulghiamo queste informazioni e non deleghiamo ad altri le scelte sulla nostra salute e sul nostro territorio.

Facciamo presenti i nostri diritti ai futuri candidati

Continua su:https://www.parmatoday.it/cronaca/cogeneratori-biomassa-danni-salute-ambiente-economia-assemblea-pubblica-felino-stasera-.html

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Vescovana: No al mega – impianto a Biogas/Biometano da 6 MW

La bassa padovana ancora al centro di richieste per impianti ad alto impatto ambientale, finalizzati alla speculazione economica attuata da società più o meno improvvisate.

Lo scorso anno la Ditta House Build Silvania srl ha chiesto alla Regione Veneto l’autorizzazione alla costruzione di un megaimpianto a Biogas/biometano con una potenza di 6 MW, con annesso un micro zuccherificio. L’impianto, che comporterebbe un consumo di suolo di circa 10 ettari, dovrebbe sorgere in Via Bassa a Vescovana, dov’è presente un vecchio essiccatoio inutilizzato da anni.

L’impianto dovrebbe essere alimentato con gli scarti della lavorazione della barbabietola e altri prodotti agricoli, vale a dire decine di migliaia di tonnellate di sottoprodotti per i quali la filiera di approvvigionamento non appare del tutto chiara.

Sarebbe invece abbastanza chiaro l’impatto che questo impianto potrebbe avere sulla salute e sull’ambiente con l’emissione di migliaia di tonnellate di CO2, il traffico pesante indotto, i grandi quantitativi di digestato di risulta, i fumi e gli odori, per non parlare della svalutazione degli immobili nel largo raggio.

L’Amministrazione Comunale di Vescovana ha fin da subito espresso la propria contrarietà, inviando alla Regione Veneto decine di puntuali e articolate osservazioni. Anche i cittadini si sono prontamente mobilitati e alla presenza di un centinaio di persone hanno deciso di costituire il Comitato popolare “Lasciateci respirare” sezione di Vescovana

Nel giro di pochi giorni sono state raccolte oltre un migliaio di firme, che sono state poi consegnate dal Sindaco, alla Regione Veneto.

Assemblee informative sono state effettuate e sono in corso nei paesi limitrofi allo scopo di sensibilizzare tutti su questa problematica, evidenziando tra l’altro la contraddizione di un’agricoltura piegata alla produzione di sottoprodotti per un biodigestore, anziché per la produzione di cibo da destinare alle persone.

La mattina del 30 dicembre 2023 una quarantina di trattori, famiglie, sindaci, associazioni ambientaliste, Comitati, associazioni agricole, agricoltori ma soprattutto centinaia di cittadine/i con bambini/e, hanno sfilato nelle campagne di Vescovana per dire NO a questo progetto.

A metà gennaio la vicenda è approdata nel Consiglio Regionale del Veneto attraverso un’interpellanza sottoscritta da 7 Consiglieri e che potete leggere qui .

Ora prosegue l’attività informativa e se non arriveranno risposte alla richiesta di fermare il progetto, i cittadini e gli amministratori sono pronti a costruire una delegazione da portare in Consiglio Regionale, magari unendosi con altri Comitati del Veneto che si stanno battendo contro queste vere e proprie speculazioni, alimentate dagli incentivi pubblici, che vanno in senso opposto alle politiche di riduzione dei gas climalteranti.

Non è e non sarà la battaglia di un Comitato, ma di un’intera comuni

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I cittadini non vogliono l’impianto di trattamento rifiuti di Ceregnano

L’idea di produrre biometano da 51.000 tonnellate di Forsu da importare da altre regioni, oltre a fanghi di depurazione, in discussione in commissione provinciale di screening VIA

CEREGNANO (Rovigo) – Ogni giorno qualcuno in più, aumentano gli striscioni di protesta contro il progetto di impianto per la produzione di biometano da FORSU, fanghi da depurazione e sfalci di ramaglie da realizzare a Pezzoli di Ceregnano. 

Gradito all’amministrazione comunale, molto meno agli abitanti, il progetto andrà in discussione in commissione provinciale di screening VIA, cioè la commissione che deciderà se inviare lo stesso in valutazione d’impatto ambientale, cosa che appare poco amata dai proponenti, o mandarlo in Regione per la conclusione dell’iter autorizzativo, il 21 febbraio. 

Per il fatto di essere un impianto di notevole impatto ambientale sarebbe doveroso andasse valutato tecnicamente e sanitariamente in ogni suo aspetto, ma le carenze del progetto finora presentato non sembrano consentire un’analisi accurata sotto molteplici profili, da quello delle emissioni odorigene e inquinanti all’utilizzo delle risorse idriche passando per l’incognita dello  smaltimento degli scarti di lavorazione che si aggirano attorno al 40% del materiale introdotto nei biodigestori. 

Inoltre il piano di approvigionamento della FORSU, 51.000 tonnellate, redatto sulla base del rapporto Ispra 2021 andrebbe titalmente rivisto alla luce del rapporto Ispra 2022 che ci fornisce dati  che parlano di un aumento del 17,7% della FORSU trattata in Enilia Romagna, regione nella quale intenderebbero approvigionarsi i proponenti, per effetto dell’apertura recente di nuovi impianti e una diminuzione del 12,6% della FORSU trattata in Veneto che rimane comunque di gran lunga la regione che importa più rifiuti da trattare in Italia, addirittura dalla Sicilia

Da ultimo preiccupa anche il fatto che, in risposta alla richiesta dei vigili del fuoco di poter vslutare il piano di prevenzione incendi, i progettisti abbiano risposto che lo produrranno solo in caso di invio alla valutazione f’impatto ambientale. 

Su cosa dovrebbero decidere i vigili del fuoco? 

Troppi sono i punti oscuri e chiara è la consapevolezza di quali conseguenze si troverebbero a dover far fronte i cittadini di Pezzoli, Baricetra e Villadose che vivono nell’area del temuto impianto e viene espressa anche esponendo gli striscioni contro il biometano

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Impianto biogas a Modugno, il fronte del “No”: «Inquina ed è rischioso per la salute»

diRoberta Marinelli

Gli impianti a biometano fanno male e nuocciono alla salute. È quanto emerso dalla conferenza pubblica, organizzata dai comitati Pro Ambiente Modugno, Movimento Modugno a 5 stelle, Onda verde Puglia e Ambiente è vita, per trattare, scientificamente, i rischi eventuali del nuovo impianto biogas che potrebbe sorgere tra Bitetto e Modugno.

All’incontro hanno partecipato oltre al sindaco di Bitetto Fiorenza Pascazio e Modugno, Nicola Bonasia, i primi cittadini di Bitonto, Palo e Bitritto Francesco Paolo Ricci, Tommaso Amendolara e Giuseppe Giulitto. Rappresentante per il mondo scientifico il presidente del Comitato scientifico Isde (International society of doctors for environment) Agostino Di Ciaula, che ha chiarito perché gli impianti di questo tipo, producendo una grande quantità di formaldeide, un agente altamente cancerogeno, siano dannosi.

«La formaldeide – spiega – è stata classificata dall’Agenzia nazionale per la ricerca su cancro tra i cancerogeni certi. In Italia questo tipo di livello non viene neanche classificato. In Germania ci sono dei limiti sulle emissioni di questo inquinante».

Elevati livelli di rischio anche per i lavoratori, per l’inalazione di particolati molto al di sopra degli standard Oms.
«I lavoratori e le popolazioni vicine alla centrale biogas – fa sapere Di Ciaula – possono avere ripercussioni per gli inquinanti. Per non considerare il rischio della messa in circolo di germi patogeni e immunoresistenti». A chi lo accusa di voler dire di no a tutto, risponde che non si tratta di fare gli interessi delle aziende, foraggiate dai fondi europei, ma trovare un connubio tra produzione e rispetto per salute e ambiente.

«Questi impianti vengono fatti passare come sostenibili.– afferma –. È vero che si consumano meno combustibili fossili, ma è anche vero che si brucia digestato. La digestione anaerobica presenta rischi ambientali e sanitari maggiori rispetto al compostaggio tradizionale. Basta fare scelte di sostenibilità e non di convenienza».
Dure parole del primo cittadino di Bitetto Fiorenza Pascazio, che ha chiarito che questi impianti non possono assolutamente favorire l’economia circolare, contrariamente a quanto comunicato, durante l’ultimo consiglio comunale, proprio dall’assessore all’Ambiente Gianfranco Spizzico.

«Se c’è combustione c’è sempre processo climalterante – tuona Fiorenza Pascazio – è ora di chiarire che questi impianti di bio hanno solo il nome. Non fanno bene ai campi, non abbassano la Tarip e non favoriscono l’economia circolare. Gli uffici, che ne approvano l’istallazione, dovrebbero avere un approccio più scientifico e consapevole».

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Il TAR boccia l’impianto di biometano a Campoferro dando ragione al Comune di Voghera

VOGHERA – Il sindaco di Voghera Paola Garlaschelli interviene in merito alla sentenza del TAR, il cui pronunciamento è stato emesso ieri, con cui viene annullata l’autorizzazione rilasciata dalla Provincia di Pavia all’impianto per la produzione di biometano in Voghera Campoferro, dopo il ricorso presentato dal Comune di Voghera.

“Sono estremamente felice per la nostra città – le parole del Sindaco -. Ho creduto sin dall’inizio di dovere lottare proponendo ricorso contro un’autorizzazione assurda, che ignorava la situazione reale. Non è stato facile, nessuno attorno a noi credeva potessimo vincere. Invece, nonostante tre precedenti contrari, del tutto simili per caratteristiche e tipologie, il TAR ha riconosciuto la fondatezza del nostro ricorso senza nemmeno ordinare una CTU. La motivazione della sentenza – continua Paola Garlaschelli – menziona espressamente l’analisi tecnica che il Comune ha svolto e depositato in sede di istruttoria e ciò conferma l’attenzione della nostra amministrazione in tutta la fase procedimentale. L’analisi approfondita da noi prodotta, unitamente all’ottimo lavoro dell’avvocato, ha convinto il giudice della bontà delle nostre richieste”.

Commenta la decisione del TAR anche l’Assessore William Tura, che ha seguito da vicino l’iter fino alla presentazione del ricorso. “Personalmente ho seguito la conferenza dei servizi che ha portato all’autorizzazione, sostenendo, supportati dai nostri uffici, le criticità poste alla base del ricorso, accolto dal TAR Lombardia con la pronuncia di annullamento – le parole di William Tura -. La sentenza è la conferma della fondatezza di quanto contestato da Comune, Comitato e Associazioni che, fermo la bontà del progetto, non ritenevano la localizzazione idonea al suo sviluppo”.

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NUOVI IMPIANTI A BIOMETANO, LA REGIONE DA QUALE PARTE STA? A VESCOVANA, CANARO, CAVARZERE LA CITTADINANZA E TUTTE LE AMMINISTRAZIONI COMUNALI SI OPPONGONO

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Venezia, 10 gennaio 2024 – Nuovi impianti di biometano in Veneto, la Regione da quale parte sta? Se lo chiede Erika Baldin, capogruppo del MoVimento 5 Stelle in Consiglio, che ha avanzato un’interrogazione a risposta immediata alla Giunta presieduta da Luca Zaia allo scopo di conoscere, appunto, come intenda muoversi in merito alla questione sempre più stringente.

L’iniziativa della consigliera è in scia alla manifestazione con 350 partecipanti, che lo scorso 30 dicembre il comitato ambientalista Lasciateci Respirare aveva organizzato a Vescovana nel Padovano, dove è in itinere l’avviamento di una nuova centrale di produzione energetica, la quale sfrutterebbe la lavorazione di scarti biologici.

«Dappertutto dove sia in programma questo genere di strutture -esordisce Baldin- la popolazione si mostra contraria, e così pure le amministrazioni comunali. È successo a Ca’ Venier di Cavarzere, dove ero già intervenuta attraverso la sottoscrizione di una precedente interrogazione. Sta succedendo a Canaro nel Polesine, e ora pure nella Bassa Padovana».

Baldin ammonisce: «La realizzazione di questo impianto recherebbe grave pregiudizio alle attività agricole circostanti e alla qualità dell’aria. Senza dimenticare che a meno di 20 km di distanza, a Sant’Apollinare nel Rodigino, è già collocata un’altra centrale di produzione di biogas».

La manifestazione di fine anno ha visto la partecipazione di centinaia di cittadine e cittadini, e ora la palla passa alla Regione: «Essa ha infatti la responsabilità del rilascio dell’autorizzazione unica -puntualizza l’esponente del M5S- e le spetta l’onere della valutazione d’impatto. È chiaro che non si tratterebbe di energia pulita, là dove sacrificherebbe centinaia di ettari coltivati, oltre a sconvolgere anche l’equilibrio della viabilità».

Intanto slitta di un mese il termine per la presentazione dei rilievi da parte del Comune di Vescovana, sostenuto dal comitato ambientalista: «Gli enti locali, ovvero i legittimi rappresentanti eletti dalla cittadinanza, hanno già detto di no in modo unanime, come avvenuto a Canaro. Faccio mie -conclude Erika Baldin- le parole degli agricoltori della zona: “Quest’opera non aiuta, non arricchisce, svaluta i terreni e li può rendere inadatti a sviluppi futuri. Quest’opera non ci appartiene”, e la Regione ne deve tenere conto».

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Milano, cresce la protesta contro l’impianto per rifiuti organici vicino all’inceneritore Silla 2

Ilaria Carra

L’inceneritore Silla 2 

Smaltirebbe 130mila tonnellate di umido all’anno. I residenti: “Abbiamo già l’inceneritore”. Incertezza sul compost prodotto

26 MARZO 2017PUBBLICATO PIÙ DI UN ANNO FA 1 MINUTI DI LETTURA

Sorgerebbe su un’area agricola di 40mila metri quadrati e smaltirebbe circa 130mila tonnellate all’anno di umido. E’ partito l’iter per il nuovo impianto che dovrà trattare e trasformare l’umido dei milanesi e che dovrebbe sorgere accanto all’inceneritore di Silla 2, tra le resistenze dei residenti che non vedono molto di buon occhio il potenziamento del polo esistente, già accettato con difficoltà ai tempi della sua costruzione negli anni ’90.

Palazzo Marino ha promesso che appena il progetto di A2a sarà pronto verrà illustrato ai cittadini, e che il confronto sarà aperto anche a modifiche. Ma gli abitanti, specialmente quelli di Pero con cui l’impianto quasi confina, sono molto preoccupati. La giunta del sindaco Belotti ha già espresso perplessità. E in un volantino di protesta alcuni comitati – dal gruppo Salute Pero e ai comitati Pero Ovest, Infindelafera e Copernico – invitano Milano a trovare altre soluzioni e contestano il metodo: Milano, cioè, ‘invade’ e decide e gli altri si arrangiano. “Ne abbiamo già abbastanza, sappiamo cosa succede, odori per chi vive accanto” è la critica.

L’assessore all’Ambiente, Marco Granelli, assicura il confronto: “L’intenzione è di fare l’impianto a Silla 2 ma prima parleremo con i cittadini, è la Città metropolitana che deve autorizzarlo”. Oggi l’umido rappresenta il 20,7% dei rifiuti urbani raccolti in città, la frazione più consistente fra i rifiuti riciclabili raccolti in modo differenziato. Per questo è diventato urgente per A2a avere un impianto proprio, senza dover pagare Montello per smaltire: oggi l’umido milanese viene portato già a Silla 2, poi prosegue la strada su camion verso l’impianto nella Bergamasca. Per dare l’idea, con il nuovo impianto verrebbero prodotti circa otto milioni di metri cubi all’anno di biogas, che può essere impiegato per soddisfare il fabbisogno annuo di oltre 6.150 famiglie o per alimentare i mezzi mezzi pubblici, innescando un circolo virtuoso.

Ma il punto è anche un altro: a oggi non si sa se l’impianto sarà di compostaggio, e dunque produrrà biogas ma anche compost da vendere-cedere ai contadini e usato nei campi, oppure di puro trattamento. Il presidente della commissione Ambiente di Palazzo Marino, Carlo Monguzzi, storico ambientalista, convocherà presto una commissione sul tema e spinge per la seconda opzione: “A Montello si fa poco compostaggio: il compost prodotto non viene utilizzato nei campi al posto dei concimi chimici, è uno spreco perché viene buttato via. Si possono fare entrambe le cose: spero che l’impianto nuovo sia così se no sarebbe inutile. Qualsiasi cosa prima deve essere discussa con i cittadini”.

Biometano: cos’è, potenzialità e rischi, quanto se ne produce in Italia (e cosa non stiamo facendo)

 Andrea Quaranta

Quali sono le potenzialità ed i rischi del biometano? Quanto se ne produce nel nostro Paese e perché i dati mostrano una “situazione di stallo”? Per rispondere occorre partire dalla conoscenza delle principali caratteristiche del biometano e della sua filiera produttiva.

Martedì 23 Gennaio 2024

Biometano: cos’è, potenzialità e rischi, quanto se ne produce in Italia (e cosa non stiamo facendo)

Il biometano può essere un ottimo sostituto del gas naturale, evitando l’importazione di combustibili dall’estero e favorendo un’economia circolare tramite il recupero energetico dai fanghi di depurazione, il riuso di scarti agricoli, rifiuti a matrice organica e scarti agroalimentari. Quanto ne viene prodotto nel nostro Paese e cosa occorre fare per aumentarne la produzione?

La condivisione degli sforzi
Vantaggi e rischi del biometano
La filiera del biometano
Quanti impianti di biometano ci sono in Italia?
E quindi?…
E quindi il legislatore (non) si sforza

La condivisione degli sforzi

Con il “Regolamento sulla condivisione degli sforzi” (Reg. n. 842/2018), il Parlamento e il Consiglio UE avevano stabilito gli obblighi degli Stati membri relativi ai rispettivi “contributi minimi per il periodo compreso tra il 2021 e il 2030 ai fini del raggiungimento dell’obiettivo dell’Unione di ridurre al 2030 le proprie emissioni di gas a effetto serra del 30% rispetto al 2005” in specifici settori, e contribuire, così, al conseguimento degli obiettivi dell’accordo di Parigi.

L’obiettivo UE consiste nella riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030, mentre entro il 2050 l’obiettivo è raggiungere la neutralità climatica: per fare questo, e per ottenere una riduzione delle importazioni di gas naturale dalla Russia (e, a breve, da altri Paesi diversamente democratici, che cercano di conquistarsi i favori dell’Occidente grazie all’organizzazione dei mondiali di calcio) è necessario aumentare la produzione di energia rinnovabile.

Per la prima volta, in sostanza, tutti i Paesi dell’UE sono tenuti a ridurre le proprie emissioni di gas serra tra il 10 e il 50%; gli obiettivi nazionali variano in base al prodotto interno lordo pro capite e al rapporto costo-efficacia di ciascun paese (inoltre, gli Stati membri dovranno garantire di non superare la loro assegnazione annuale di emissioni di gas a effetto serra. L’Italia, nello specifico, si è impegnata a ridurre le emissioni di gas serra di un ulteriore – 43.7% entro il 2030, coerentemente con gli obiettivi europei).
Oltre che sul solare e sull’eolico, l’UE ha posto l’accento anche sul biometano, prodotto rinnovabile dell’upgrading del biogas, che può svolgere un ruolo importante nel processo di decarbonizzazione.

Il biometano è un derivato del biogas che, a seguito di un processo di raffinazione, può raggiungere una concentrazione di metano di almeno il 95%. Per produrre il biometano possono essere utilizzate diverse materie prime nel processo di digestione anaerobica:biomasse agricole (colture dedicate, sottoprodotti e scarti agricoli e deiezioni animali);agroindustriali (scarti della filiera della lavorazione della filiera alimentare);rifiuti urbani a matrice organica;fanghi di depurazione.
L’upgrading è un processo di trattamento complesso: dopo uno step di pretrattamento seguono:una fase di purificazione, consistente nella rimozione degli inquinanti (H₂S, VOCₛ) dal biogas proveniente dal digestore anaerobico euna fase finale di separazione del metano (CH₄) dall’anidride carbonica.Lo scopo consiste nella rimozione della CO₂ dal “biogas grezzo” e delle componenti non compatibili con l’immissione in rete.

Vantaggi e rischi del biometano

Il biometano ha degli indubbi vantaggi tecnici, oltre a quelli ambientali, legati al suo “carattere rinnovabile”.

Il biometano è considerato:“sostenibile” se consente una riduzione di emissioni climalteranti pari ad almeno il 65% rispetto al combustibile fossile di riferimentorinnovabile sempre, in quanto la sua produzione avviene attraverso il deperimento di scarti e materiale organico che, comunque, produrrebbero emissioni.

Innanzitutto, permette di rispondere agli obiettivi di riduzione delle emissioni sfruttando le reti gas esistenti poiché la sua composizione chimica è assimilabile a quella del gas naturale. E lo può fare in modo flessibile, energeticamente efficiente e– a differenza di altre fonti rinnovabili – programmabile, grazie alle infrastrutture di trasporto e stoccaggio gas esistenti.

Inoltre, il contributo del biometano agli obiettivi di decarbonizzazione non si limita alla sola fase del consumo energetico: il suo processo produttivo può contribuire a ridurre in modo significativo le emissioni del settore agricolo (il 14% dei gas climalteranti) e a restituire al terreno sostanza organica, senza contare il fatto che:

  • con ciò che rimane dopo il processo di digestione anaerobica delle matrici agricole e da rifiuti organici per la produzione di biometano (il c.d. “digestato) si possono produrre fertilizzanti rinnovabili alternativi a quelli di origine fossile;
  • in relazione alla riduzione delle emissioni, “il processo può addirittura passare da «neutrale» a «negativo», nel caso in cui l’anidride carbonica prodotta e separata nella fase di purificazione del biogas venga utilizzata per usi industriali e/o alimentari”.

Passando alle criticità, il report evidenzia che in un’ottica di medio lungo periodo uno dei potenziali problemi legati alla connessione degli impianti alla rete di distribuzione è legato all’attuale configurazione che non prevede la possibilità per le reti di distribuzione di immettere gas nelle reti di trasporto, né di poter stoccare gas: “in caso di forte crescita di impianti a biometano collegati alla rete di distribuzione e in assenza di strumenti di gestione di gas immesso in eccesso rispetto a quello prelevato – per dirla in altri termini –il DSO (operatore del servizio di distribuzione) potrebbe non accettare nuove richieste di connessione per potenziali rischi di sbilanciamento immissioni/prelievi”.

Tuttavia, altrove (in Francia, ad esempio, dove il biometano è più sviluppato che da noi) tale problematica è stata risolta tramite il reverse flow (o rebours), una tecnica che consiste nel “comprimere il biometano non consumato su una rete di distribuzione per poi immetterlo nella rete di trasporto a una pressione maggiore e consentire lo spostamento verso ulteriori aree di consumo”.

La filiera del biometano

Una pubblicazione di Laboratorio Ref – “La filiera del biometano in Italia: potenzialità e rischi” ha delineato il panorama della filiera del biometano nel nostro Paese.

Dopo una breve introduzione di contestualizzazione, il paper ha analizzato tutta la filiera del biometano: dalla fase di produzione (che si conclude con l’upgrading, cui si è fatto riferimento) all’utilizzo finale (ad oggi la configurazione prevalente è basata sull’utilizzo, prima dell’upgrading, per produrre energia elettrica e termica necessari per il processo di upgrading stesso), passando per quella del trasporto, che può avvenire in due modi differenti (compresso o liquefatto).

Compresso: il biometano è utilizzato per autotrazione o immesso in rete. In questo modo non è necessario usufruire del trasporto per raggiungere le stazioni di servizio poiché si utilizzano le condutture già esistenti (in alternativa, il biometano compresso può essere trasportato tramite appositi carri bombolai).Liquefatto: (bio-LNG viene trasportato tramite cisterne criogeniche).

L’autoconsumo e il bio-LNG sono delle soluzioni al momento poco praticabili: solo quando si tratta di quantità di biometano limitate. Volendo incrementare la produzione di biometano, sia per obiettivi climatici, sia come sostituto del gas naturale dei Paesi “diversamente democratici”, tuttavia, è necessario costituire un sistema che incentivi l’immissione in rete (distribuzione e trasporto) sul modello – già collaudato – francese.

Quanti impianti di biometano ci sono in Italia?

Non si sa.

In Italia – sottolinea il report – “ad oggi risultano operativi 2010 impianti di biogas con una potenza complessiva pari a 1,34 GW e una produzione di circa 2,5 mld smc. Viene prodotto per circa il 65% da scarti agricoli, per circa il 20% da effluenti zootecnici, per circa il 15% da rifiuti a matrice organica e per circa il 3% da fanghi di depurazione derivanti dal processo di trattamento delle acque reflue”.

Ma “non esiste ad oggi un elenco completo del numero complessivo di impianti che producono biometano”, anche se (per indorare la pillola) “per i produttori di biometano immesso in consumo nei trasporti, tramite impianti di distribuzione stradali, autostradali o privati, è previsto il rilascio dei Certificati di Immissione in Consumo (CIC)”.

“Nel 2021, si legge nel documento, solo 22 impianti hanno ottenuto il rilascio dei CIC per l’incentivazione del biometano. La graduatoria pubblicata, ai sensi del DM 2/03/2018, il 1° giugno 2023, aggiorna il numero di impianti a 50 con un valore totale dei CIC rilasciati pari a 230 milioni su 1 miliardo messo a disposizione; la percentuale di riempimento della graduatoria risulta essere il 44,5% rispetto al 90%, fissato come stima della quantità massima annua ritirabile.Tali incentivi sono volti a promuovere l’uso del biometano e degli altri biocarburanti avanzati nel settore dei trasporti, per tale motivo potrebbero rappresentare dei meri dati parziali”.

Tuttavia, incrociando i dati di Snam con le elaborazioni di EBA (European Biogas Association) e i dati dell’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione), il Laboratorio Ref ha rilevato 85 impianti di produzione di biometano attivi, con una producibilità attesa pari a 572 milioni di smc all’anno nello scenario low.

Biometano: cos’è, potenzialità e rischi, quanto se ne produce in Italia (e cosa non stiamo facendo)

La pubblicazione prosegue con una sezione dedicata al potenziale italiano ed agli strumenti per incentivare lo sviluppo del settore, con un approfondimento sulla struttura degli incentivi previsti dal DM del MITE 15 settembre 2022 e sull’esito delle aste della prima procedura competitiva, pubblicato il 10 luglio scorso: “sono stati ammessi 60 progetti di impianti di produzione di biometano, nuovi e riconvertiti, per una capacità totale di 29.977,72 Smc/h su un contingente messo a disposizione per il primo bando di 67.000 Smc/h con una copertura del contingente inferiore al 44%”.

“Gran parte degli impianti sono impianti agricoli di nuova costruzione (37 progetti su 60), 14 riguardano la riconversione di impianti biogas e i restanti 9 sono impianti a rifiuti organici di nuova costruzione”.

Il risultato della prima asta, non del tutto soddisfacente, pare dovuto:

  • alle tempistiche dello schema di incentivazione definito dal DM 15/09/2022 (“nel corso degli ultimi mesi i rincari di materie prime, costi energetici e approvvigionamenti in generale hanno modificato la struttura dei costi dei progetti, in un quadro di tariffe fissate in un contesto macroeconomico completamente differente e con conseguente compressione della marginalità attesa”);
  • alle “stratificazioni normative” (locali, provinciali e regionali);
  • alla struttura stessa dello schema di incentivazione, che “prevede infatti una tariffa omnicomprensiva inclusiva dei ricavi generati da vendita di biometano e di GO (le garanzie di origine). Di conseguenza la tariffa premio aumenta o diminuisce in funzione della variazione dei prezzi di mercato. Tale schema determina da un lato che la remunerazione per l’investitore sia predeterminata e non possa variare, ma dall’altro che non vi sia spazio per l’operatore stesso per componenti aggiuntive di rendimento (con relativo rischio)”.

In definitiva, ci sono ancora molte difficoltà nello sviluppare una nuova capacità di biometano.

E quindi?

Non è facile uscire da questa situazione di stallo, per motivi economici, temporali, logistici, fattuali e politici.
Oltre all’introduzione del meccanismo del reverse flow, sistema ideato per facilitare e minimizzare i costi di connessione alla rete e per redistribuire il quantitativo di biometano a seconda del quantitativo di immissione/prelievo per zona, l’analisi si conclude con qualche indicazione operativa: un “semplice elenco” degli interventi che potrebbero agevolare il raggiungimento degli obiettivi di produzione del biometano.

Su tutti, spiccano gli interventi volti a promuovere l’utilizzo di sottoprodotti agricoli, scarti e rifiuti dell’industria agroalimentare come fattore produttivo; riconvertire gli impianti di compostaggio esistenti in impianti per la produzione di biogas da rifiuti a matrice organica; promuovere programmi di coltivazione sequenziale per massimizzare le risorse di materie prime di un terreno agricolo, senza incidere sulla produzione alimentare; effettuare uno screening costante sul territorio nazionale per monitorare la disponibilità e il costo delle materie prime, la localizzazione di impianti di biometano e una valutazione della potenzialità della zona; sviluppare metodologie per tracciare e mantenere bilanciati i volumi di biometano immessi in rete gas e successivamente consumati; incentivare l’uso del biometano nel settore dei trasporti tenendo conto che con lo stop al motore termico, tale iniziativa può essere finalizzata al settore dei trasporti pesanti.
Non mancano, ovviamente, gli inviti a semplificare il quadro normativo.

E quindi il legislatore (non) si sforza

Nel frattempo, dalla conversione in legge del «Decreto Asset» (DL 10 agosto 2023, n.104, “Disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici”, convertito nella L 9 ottobre 2023, n. 136) emerge una “novità” per quanto concerne gli incentivi alla produzione di biometano.
La novità è… (rullo di tamburi)…
Niente, la revisione dei valori della tariffa incentivante per considerare l’andamento dell’inflazione media accumulata tra …
Ah, l’articolo 12-ter inserito in sede di conversione, stabilisce che gli impianti a fonti rinnovabili che hanno già ottenuto una valutazione di impatto ambientale positiva non potranno essere bloccati da una nuova dichiarazione di notevole interesse pubblico.
Nihil sub sole novum: nessuna decisione strutturale, nessuna visione, e nessuna discussione concreta.
Solo l’ennesimo ritocchino a incentivi che, se continuano a rimanere esclusivamente di tipo economico, non potranno condurci chissà dove.

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CONSIDERAZIONI DI FONDO SULLA PRODUZIONE DI BIOGAS/BIOMETANO DA BIOMASSE

Articolo di Roberto Celestini

La produzione di biometano non è un metodo né economico né pulito, ma, soprattutto, non lo si può considerare “economia circolare”. L’unica vera economia circolare è quella della natura che, attraverso l’energia solare utilizzata dagli organismi vegetali, sintetizza materia organica che funge da nutrimento per gli organismi animali; questi ultimi, assieme ai vegetali, quando muoiono, vanno incontro a processi di decomposizione che danno luogo all’humus, nutrimento per la terra, da cui nasceranno nuove piante, in un ciclo continuo (citato dal prof. Tamino – ISDE). Una precisazione da fare è quella relativa al prefisso “Bio” che si trova nella terminologia che indica gli impianti che trattano materiali organici, i Bio-digestori, e i prodotti che ne derivano, Biogas e Biometano. Il prefisso bio, in questo caso, non ha un significato che possa riferirsi a un processo o prodotto sostenibile, ma un riferimento a un processo Biotecnologico, inteso come l’applicazione alla produzione industriale di organismi e processi della biologia. Il termine “bio” (dice Tamino), significa vita e richiama l’idea di origine naturale e organica, ma anche il petrolio e il carbone in fondo sono di origine naturale. Al termine “bio” viene normalmente attribuita una valenza positiva e “naturale”, e di conseguenza queste tecnologie vengono in tal modo considerate far parte della cosiddetta “green economy”. “La mistificazione del linguaggio, in questo caso, è strumentale a una politica di proliferazione di queste tecnologie sotto l’ombrello dell’ecologia e del rispetto della natura”. Il bio-metano prodotto dagli impianti a biomasse non si differenzia dal gas naturale: entrambi sono costituiti prevalentemente da metano. Il gas naturale è un gas, utilizzato come combustibile, che si forma nel sottosuolo prodotto dalla decomposizione anaerobica di materiale organico. E’ composto per oltre il 90 per cento da metano (CH4), l’idrocarburo incolore e inodore più semplice presente in natura, che viene estratto da giacimenti sotterranei mediante trivellazioni. In natura si trova comunemente allo stato fossile, insieme al petrolio, al carbone o da solo in giacimenti di gas naturale. Il metano si forma anche sulla superficie terrestre nei processi di fermentazione in assenza di aria, ad esempio sotto la superficie di acquitrini e paludi (torbiere). Numerosi studio dimostrano che dal punto di vista economico in questi impianti la sola vendita del metano non compensa i costi : finito l’incentivo, semplicemente usciranno dal mercato, perché avranno costi di produzione dell’energia troppo alti. Vedremo impianti biogas spiaggiati come balene quando, finita l’epoca degli incentivi, i conti non torneranno più.

PUO’ IL BIOMETANO DA BIOMASSE ESSERE CONSIDERATO SOSTENIBILE E UNA FONTE ENERGETICA RINNOVABILE?

Viene detto (per esempio dalle imprese coinvolte nella progettazione e realizzazione degli impianti a biomasse) che il bio-metano, affinché sia considerato davvero sostenibile e conveniente, deve provenire da residui organici come gli scarti agricoli (si parla in questi casi di biometano avanzato). A queste condizioni può considerarsi una fonte energetica rinnovabile che permette non solo di aumentare l’autonomia energetica italiana ma anche di raggiungere gli obiettivi ecologici che il paese si è posto nell’ottica della Transizione Ecologica. A proposito di “bio”-metano, ricordiamo anche che esso risulta indistinguibile nella sua struttura chimica da quello di origine fossile e che questo gas deve essere combusto per essere utilizzato. Diversi recenti studi mostrano altresì come i mezzi pesanti alimentati a metano emettano più CO2 e particolato di quelli alimentati a diesel o a benzina. E’ noto che le combustioni in generale non possono rappresentare un’alternativa alla de-carbonizzazione a “emissioni zero” né tanto meno uno strumento di contrasto ai cambiamenti climatici. Occorre considerare altresì che un impianto di biogas da 1 Mega-watt necessita di circa 400 ettari di terreno per coltivare mais e sorgo come “materia prima”, per cui, attualmente, i 1.600 impianti in gran parte nel Nord Italia “occupano” oltre 640.000 ettari sottratti alle coltivazioni per l’alimentazione umana e zootecnica. (https://www.isde.it/17986-2/)

A sostegno della tecnologia possiamo individuare alcune narrazioni : *Il CIB (Consorzio Italiano Biogas – https://www.consorziobiogas.it) è la prima aggregazione volontaria che riunisce: aziende agricole produttrici di biogas e biometano da fonti rinnovabili; società industriali fornitrici di impianti, tecnologie e servizi per la produzione di biogas e biometano; enti ed istituzioni che contribuiscono alla promozione della digestione anaerobica per il comparto agricolo. Il CIB è attivo sull’intera area nazionale e rappresenta tutta la filiera della produzione di biogas e biometano in agricoltura, con l’obiettivo di fornire informazioni ai Soci per migliorare la gestione del processo produttivo e orientare l’evoluzione del quadro normativo per favorire la diffusione del modello del Biogas fatto bene e raggiungere gli obiettivi al 2050 sulle energie rinnovabili e la lotta al cambiamento climatico). Il biometano è un vettore energetico importante, in particolare nel contesto italiano. A seguito di modifiche legate ai nuovi meccanismi di incentivo apre un dibattito sulle azioni concrete per un mercato sostenibile del biometano che dia valore e attenzione all’ambiente anche contrastando il cambiamento climatico

(https://www.consorziobiogas.it/il-cib-partecipa-alla-nuova-edizione-di-fieragricola/).

*L’energia dai biogas rappresenta una delle fonti alternative alla energia fossili maggiormente utilizzate. Si tratta di un gas totalmente naturale poiché viene ottenuto dalla fermentazione anaerobica di biomasse che possono avere diverse origini /es frazione organica dei rifiuti solidi urbani, scarti di lavorazione agricola reflui zootecnici etc.). Il grande e vantaggio è la possibilità di riutilizzare materiali di scarto dando loro valore economico, ambientale e sociale Inoltre, come vedremo, le energia da biogas hanno un impatto nullo, infatti le emissioni da biogas possono essere considerate net zero , ovvero non viene liberata nell’atmosfera nuova anidride carbonica rispetto a quella precedentemente assorbita dalle piante. Ecco tutto quello che bisogna sapere sul biogas , la risorsa considerata essenziale per la transizione ecologica verso un sistema energetico 100% green e rinnovabile e sostenibile (fonte Sorgenia – azienda che opera nel mercato libero dell’energia elettrica e del gas naturale )

https://www.sorgenia.it/guidaenergia/biogas.

*Il biogas è una delle fonti alternative più utilizzate per la produzione di energia rinnovabile. È il frutto della fermentazione, in assenza di ossigeno e a temperatura controllata, di sostanze di origine organica (animale o vegetale) a opera di numerosi batteri. Questo processo di degradazione delle biomasse (provenienti da residui agricoli, reflui zootecnici o fognari, colture di integrazione, frazione organica dei rifiuti urbani raccolti in modo differenziati, ecc.) si chiama digestione anaerobica. Il risultato è composto dal biogas, che possiede un alto potere calorifico e può essere convertito in elettricità e calore grazie a un co-generatore, e dal residuo della fermentazione, il digestato, un materiale liquido che viene utilizzato come fertilizzante naturale nelle coltivazioni. Il biogas è composto dal 45 al 70% da metano e nella parte restante da anidride carbonica (altre sostanze presenti in minor percentuale sono ossido di carbonio, azoto, idrogeno, idrogeno solforato). Nell’ottica della lotta ai cambiamenti climatici, uno dei temi più importanti dell’agenda mondiale dopo l’entrata in vigore dell’Accordo di Parigi, il biogas viene indicato dalle istituzioni internazionali come una delle principali risorse che può garantire l’autonomia energetica e la riduzione graduale dell’attuale stato di inquinamento dell’aria e dell’effetto serra. L’industria del biogas, quindi, giocherà sempre di più un ruolo decisivo nella transizione energetica, nel processo verso la de-carbonizzazione e nella “green and circular economy”. I vantaggi del biogas: fonte di energia pulita e flessibile; genera energia elettrica e calore ; garantisce l’autonomia energetica, valorizza scarti e sottoprodotti (fonte Lesbiogas – progettazione e costruzione impianti biogas/biometano- https://www.iesbiogas.it/cose-il-biogas).

Prof. GIANNI TAMINO – ISDE Associazione Medici per l’Ambiente

Il professore spiega perché non si può parlare di fonte rinnovabile per il biometano: “Si può parlare di fonti rinnovabili solo se nel territorio di origine e nel tempo di utilizzo quanto consumato si ripristina. Ciò vale per l’energia solare e quelle derivate come il vento e l’energia idrica, ma non si applica totalmente alle biomasse intese come materiale prodotto da piante e destinato alla combustione. Infatti se distruggo un bosco e brucio la legna, il bosco non si rigenera nel tempo di utilizzo per la combustione della legna. Posso usare solo il surplus dell’attività forestale. Ancora più complesso il discorso se le biomasse provengono da colture agricole dedicate”. Nello studio “Feasibility of Large Scale Biofuel Production” i professori Giampietro, Ulgiati e Pimentel scrivono: “La produzione su larga scala di combustibile di provenienza agricola non costituisce un’alternativa all’uso corrente del petrolio e non è neanche una scelta consigliabile per sostituirne una porzione significativa”*. Il biocombustibile rappresenta infatti una perdita di energia netta, dato che richiede oltre il 50% di energia in più di quella che si può ottenere dal prodotto stesso. Un impianto a biomasse alimentato da coltivazioni dedicate ha un bilancio energetico molto basso, perché occorre calcolare tutta l’energia necessaria per la produzione agricola (fertilizzanti, fitofarmaci, irrigazione, trasformazione, trasporti, ecc) e quella necessaria per far funzionare l’impianto. Alimentare l’impianto con prodotti agricoli (mais, triticale, ecc.), che consumano terreno utile per produrre cibo, è un problema anche di ordine etico: si preferisce bruciare alimenti mentre vi sono difficoltà di approvvigionamento in varie parti del pianeta e noi, nel contempo, importiamo cibo dall’estero. Anche il bilancio della CO2 di conseguenza è negativo! Infine va tenuto presente che si dovesse coprire il 10% del fabbisogno energetico italiano utilizzando le biomasse, ci vorrebbe una superficie di coltivazione grande 3 volte l’Italia (DOCUMENTO ISDE/Comitato biogas Manziana).

LA PRODUZIONE DI BIOGAS/BIOMETANO DA BIOMASSE

Un pò di storia

La tecnologia del biogas non è certamente recente. Le prime applicazioni sono della fine degli anni ’70 del secolo scorso (USA, Australia, Canada, Gran Bretagna). Addirittura in Germania, nel 1938, 53 impianti urbani producevano 18 milioni di m3 di biogas. Per molti decenni in Italia la produzione di biogas si è realizzata prevalentemente in ambito agricolo per ricavare energia, da utilizzare prevalentemente all’interno delle stesse aziende, utilizzando gli scarti della attività di questo comparto, sostanzialmente biomassa vegetale e deiezioni animali. Secondo i dati del Consorzio Italiano Biogas (CIB), all’inizio del 2020 erano operativi più di 1.500 impianti di biogas, di cui 1.200 in ambito agricolo. Il prof. Setti, docente dell’Università di Bologna (si occupa di biochimica industriale applicata ai sistemi energetici rinnovabili e in particolare allo sviluppo di bioraffinerie per la valorizzazione chimica ed energetica degli scarti agro-alimentari) ha espresso, in una recente conferenza, una serie di considerazioni sulla produzione di biogas nel nostro paese partendo dai dati di quali, oggi, siano le diverse fonti che vengono utilizzate per la produzione energetica oltre ai consumi e le evoluzioni previste. Attualmente l’Italia, nel settore biogas, si colloca al quarto posto al mondo dopo Germania, Cina e Stati Uniti, con circa 2200 impianti operativi, di cui circa 1.730 nel settore agricolo e circa 470 nel settore rifiuti e fanghi di depurazione, per un totale di circa 1.450 MWe (megawatt elettrici) installati. Di questi, secondo il Gestore Servizi Energetici, circa 1000 sono nel settore agricolo. Setti sui materiali utilizzabili nei digestori: “La quota più rilevante tra i materiali organici è rappresentata dalle deiezioni animali (130.000.000 di t/anno), seguita dai FORSU (Frazione Organica dei Residui Solidi Urbani) con 10.000.000 di t/anno, quindi i residui colturali (8,5 milioni di t/anno) e a seguire gli scarti agro-industriali con 5 milioni, i fanghi di depurazione con 3,5 milioni di t/anno e infine le colture energetiche equivalenti alla produzione di 200.000 ha di coltivazioni. Il trattamento di queste biomasse porterebbe a una produzione stimata di circa 11 miliardi di m3 di biogas/anno, corrispondenti a 20 TWh (terawattora)/anno di energia elettrica.

LE CRITICITA’

Impatto ambientale del metano Pochi i casi dove si evidenziano pregi e difetti di questa tecnologia. Tra questi il sito di Sorgenia (https://www.sorgenia.it/guida-energia/biogas), dove, a proposito della logistica dei siti produttivi, si legge che “la pianificazione di un impianto deve valutare attentamente il bacino di approvvigionamento delle biomasse in ingresso, che se reperite a distanza troppo elevata rendono l’attività ambientalmente ed economicamente non sostenibile”. Il chimico Vincenzo Balzani, coordinatore di Energie per l’Italia, considera il metano la “nostra ossessione”. Nel caso del biogas si tratta di un’opzione insostenibile, perché utilizzando biomasse da produzione agricola l’efficienza della fotosintesi clorofilliana si abbassa fino allo 0,2%. Se invece nella stessa porzione di terreno metto il fotovoltaico, convertendo così l’energia solare in elettricità, con il 20% di efficienza, ottengo 100 volte più del biogas. Il metano ha un impatto climalterante 85 volte quello della CO2 su un arco di 20 anni, anche se la CO2 ha un tempo di permanenza in atmosfera per migliaia di anni, mentre il metano scompare in circa 10-15 anni, oltre: -Aumento della mobilità verso e dalle centrali -Inquinamento da sostanze odorigine -Emissioni dirette dagli impianti -Sottrazione di produzione agricola per uso alimentare

IL DIGESTATO

Quando parliamo di sostenibilità del processo di digestione anaerobica, non dobbiamo trascurare quello che è l’ultimo anello della filiera del biogas. Non tutta la massa, che si trova all’interno del digestore, viene trasformata in biogas: circa un 50-60 % alla fine del processo di gassificazione rimane. Il digestato è composto da una frazione solida e una liquida. Le sue caratteristiche sono di fondamentale interesse affinché si possa rendere sostenibile l’intero processo produttivo del biogas. Non viene considerato un rifiuto della produzione bensì un valore aggiunto con caratteristiche importanti che lo rendono prezioso e utile. L’uso agronomico solleva due grandi questioni, la prima è quella che riguarda le caratteristiche e le proprietà del digestato come ammendante e fertilizzante, la seconda, di carattere ambientale e di riflesso legislativo, riguarda appunto la sostenibilità ambientale di questo utilizzo e la legislazione che esso produce. Infatti l’utilizzo del digestato (derivante da effluenti e colture) come fertilizzante è sottoposto alla direttiva nitrati.

La provincia di Ferrara e dichiarata zona vulnerabile ai nitrati ed è quindi assolutamente necessario la riduzione della percolazione dell’acqua in terreni rappresentativi dell’area attraverso l’applicazione di tecniche di agricoltura conservativa. I digestori anaerobici, in particolare nel processo di distribuzione del percolato (frazione liquida del digestato), rilasciano emissioni in atmosfera di tipo diffuso come i composti azotati (prevalentemente ammoniaca e ossido d’azoto), i composti solforati (zolfo) e i composti organici volatili (i cosiddetti COV). La tabella sottostante ne riporta alcuni.

Componenti tossici che possono essere presenti nei digestati da biogas:

Categorie di TossiciRiferimento Bibliografico
Diossino – SimiliBràndli et al , 2007(67) Engwall and Schnùrer, 2002(71); Olsman et al., (2002) 80, (2002) 81
Idrocarburi Aromatici (PAH)Angelidaki et al., (2000 ) 66; Brandli et al., (2007) 67-68
Policlorobifenili (PCB) PesticidiBrandli et al., 2007 (67- 68); Nilsoon, 2007 (77),
Paraffine ClorurateBrandll et al., 2007 (69) Nilsoon et, al., 2007 (77)
FtalatiAngelidaki et, al,. 2000( 66); Brandll et, al,. 2007 (69) Hartmann and Ahring, 2003; Nilsoon et, al., 2000 (77)
Composti FenoliciAngelidaki et, al., 2000(66): Levén et, al., 2006 (76); Levén and Schnùrer, 2005(75); Wu et al., 1999 (87)

Il regolamento regionale prevede una distribuzione a spaglio a 6 atmosfere (https://www.venetoagricoltura.org/upload/File/erbacee_bollettino/SartoriComplet%20E512.pdf), mentre se il getto prodotto è almeno a 10 atmosfere provoca una dispersione nell’ambiente di varie sostanze anche a distanze considerevoli. Tale prodotto della fermentazione si accumula nell’ambiente e nei tessuti animali, creando, anche a basse concentrazioni, danni a lungo termine all’apparato cardio-respiratorio, al sistema nervoso, alla vista, al feto in gravidanza, con la potenzialità a basse dosi di stimolare il cancro del colon. Si rileva inoltre presenza di acido solfidrico responsabile di odori molesti, a causa del quale decine di segnalazioni delle genti che vivono a qualche chilometro di distanza dai biodigestori, esasperate dai cattivi odori che provocano sintomi fisiologici (problemi respiratori, nausea, mal di testa, irritazione agli occhi, alla gola), stress psicologico (ansia, depressione), problemi nel sociale ((impoverimento della qualità dell’ambiente, svalutazione dei beni e perdita del loro normale uso, interferenza con le attività commerciali, turistiche, incertezza sulla sicurezza…), imprevedibilità del disturbo, persistenza nel tempo, impossibilità di difendersi. Il digestato contiene componenti minori in tracce quali, idrogeno solforato e altri composti dello zolfo, i silossani (composti organici della silice), composti aromatici e alogenati. Anche se le quantità di questi composti sono basse rispetto al metano, esse possono avere impatti ambientali pesanti sullo strato di ozono stratosferico, sull’effetto serra e sul peggioramento della qualità dell’aria a livello locale. Agli effetti delle emissioni di composti nocivi vanno sommati quelli che riguardano i COV (composti organici volatili). Questi composti sono dannosi per l’ambiente e per l’uomo, poiché reagendo con gli ossidi di azoto formano ozono e smog per reazione fotochimica. L’esposizione prolungata a composti organici volatili può causare danni al fegato, reni e sistema nervoso centrale. Oltre a presentare vari gradi di tossicità cronica i COV sono anche responsabili di odori molesti. Nel biogas, inoltre, potremmo trovare composti alogenati rappresentati da sostanze contenenti cloro, bromo, fluoro e composti organo clorurati, la cui combustione a temperature inferiori ai 400 centigradi determina la formazione di diossine. La combustione del biogas direttamente da digestione anaerobica, oltre a immettere nell’atmosfera CO2, causa la formazione di polveri sottili (pm10), fini (pm2.5) e ultrafini (pm0.1). Queste problematiche sono amplificate dalle tecniche di distribuzione. L’articolo 15 del regolamento regionale prevede un apporto di azoto al campo non superiore a 170 kg per ettaro e per anno ma, considerata la crescita dei funghi nei campi coltivati, si presume che i quantitativi di sostanza organica almeno del 3%, dopo lo spargimento del digestato sono presenti nei fossi notevoli quantità quando bisognerebbe evitare il percolamento data la vulnerabilità dei terreni ai nitrati. Di non poco conto sono la svalorizzazione degli immobili che si trovano nelle vicinanze dell’impianto e il danno d’immagine alla colture agricole come il riso e la pera.

 L’impianto di Formignana

I nuovi impianti portano a un considerevole incremento traffico pesante a causa di assi viari inadeguati e il passaggio obbligato in zone urbane Il traffico di mezzi pesanti che trasportano scarti solidi di lavorazione per l’impianto: una miriade di mezzi ingombranti quali camion telonati ed enormi trattori con rimorchi e botti (presumibilmente pieni di liquami) che, quotidianamente invadono il centro con un’unica caratteristica comune: attraversarlo a velocità sostenuta e spesso con atteggiamenti di guida disinvolti. Questi mezzi rappresentano, dunque, un quotidiano pericolo per la sicurezza della circolazione, soprattutto per gli utenti deboli quali pedoni e ciclisti (quasi bambini e anziani), oltre a determinare pesanti aggravi nei costi di manutenzione del manto stradale da parte della provincia, ente proprietario della strada. Dunque, aumento di costi con soldi pubblici che potrebbero, e dovrebbero, essere spesi diversamente, magari per garantire servizi che la pesante crisi di bilancio degli enti mette ad effettivo rischio. Nelle concessione rilasciata proprietari/gestori dell’impianto, sono indicate anche quelle relative ai percorsi per i mezzi che riforniscono l’insediamento completamente disattesi (Annuario Socioeconomico Ferrara).

Date queste premesse è legittimo domandarsi se, per produrre energia, questo tipo di tecnologia sia idonea e, inoltre, quale può essere il contributo offerto da essa rispetto ai consumi previsti negli anni a venire, ma, anche per la rilevanza che sta assumendo nel nostro paese e non solo, se la si può considerare preoccupante per l’impatto ambientale complessivo che comporta.

PROBLEMATICHE SPECIFICHE DEGLI IMPIANTI GIA’ FUNZIONANTI O IN FASE PROGETTUALE

  • Formignana
  • Villanova
  • Bondeno

-……..

MATERIALI UTILI PER APPROFONDIMENTI E INTEGRAZIONI

*Il Biogas in agricoltura, prospettive e limiti di Roberto Balestri

*Per saperne di più su biomasse e biogas Comitato biogas Manziana

*Il trattamento della frazione organica dei rifiuti urbani (forsu) (ISDE)

*Biometano agricolo: è necessaria una svolta, Consorzio Monviso Agroenergia

*https://www.arpat.toscana.it/temi-ambientali/sistemi-produttivi/impianti-di-produzione-dienergia/impianti-a-biomasse/gli-impatti-degli-impianti

*https://www.nonsoloambiente.it/2020/01/28/il-biogas-e-le-comunita-dellenergia-litalia-equarta-al-mondo/

*https://www.nonsoloambiente.it/2020/01/28/il-biogas-e-le-comunita-dellenergia-litalia-equarta-al-mondo/

*https://www.qualenergia.it/articoli/biometano-grandi-potenzialita-italia-tanti-ostacolirimuovere/

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Un mega impianto per la produzione di biometano nel comune di Ferrara …… ma chi lo vuole?

Il territorio di Villanova è stato scelto dalla Società agricola ApisFe1 di Bolzano per la realizzazione di un grande impianto per la produzione di biometano attraverso la digestione anaerobica di sottoprodotti agricoli e reflui zootecnici.

La presentazione della richiesta di autorizzazione da parte della Società  risale al luglio 2021 ma noi residenti  ne veniamo a conoscenza in maniera fortuita solo a marzo dell’anno dopo, pur essendo un progetto che prevede varianti urbanistiche e deroghe al Regolamento Urbanistico Edilizio del Comune di Ferrara per il non rispetto delle distanze da abitazioni e da un nucleo abitato.

La normativa prevede in questo caso, all’interno del percorso di autorizzazione, la possibilità per le persone coinvolte di esprimere osservazioni. Predisponiamo le nostre osservazioni, le inviamo al Comune di Ferrara e ad Arpae ma non abbiamo riscontro che le nostre forti preoccupazioni siano state prese in considerazione nel corso della Conferenza dei Servizi.

La situazione complessiva assume però contorni ancora più incomprensibili quando, a fronte dei pareri positivi espressi dai Servizi Comunali sulle materie di competenza all’interno della Conferenza dei Servizi,  il  Consiglio Comunale – il 21 febbraio 2022 – pur dovendo esprimere  il parere di sua competenza sulla variante urbanistica necessaria per la realizzazione di una rotatoria funzionale alla viabilità dell’impianto, esprime un parere negativo solo sul progetto, parere ritenuto  poi “inconferente” da Arpae ai fini del rilascio dell’Autorizzazione Unica.

Nel silenzio generale il percorso va avanti. Il progetto non è mai stato presentato pubblicamente e nessun confronto  è ritenuto necessario. Solo la pubblicazione del decreto sul Bollettino ufficiale della Regione Emilia Romagna, obbligatoria per legge perché per  la realizzazione dell’impianto sono necessarie varianti e deroghe agli strumenti urbanistici, ci consente di acquisire informazioni utili sul progetto.

Arpae Ferrara ha rilasciato l’Autorizzazione Unica per la realizzazione e l’esercizio dell’impianto di produzione di biometano, a conclusione dei lavori della Conferenza dei Servizi, il 10 novembre 2022.

La pubblicazione dell’Autorizzazione, dei verbali delle sedute della Conferenza dei Servizi e dei pareri dei diversi Enti ci consentono di acquisire ulteriori informazioni e di delineare, seppur faticosamente, il percorso di approvazione, il progetto nel suo complesso e per la prima volta le ricadute sulla salute e sull’ambiente.

Il gruppo di cittadini che si oppone alla realizzazione della centrale si attiva fin da marzo 2022 per ottenere un confronto vero con Comune e Provincia, per  coinvolgere tutte le forze politiche e le Associazioni interessate, per ragionare sulla opportunità di realizzare un impianto di questa tipologia e di queste dimensioni in questo territorio, e nonostante l’autorizzazione rilasciata non si ferma.

È difficile rendere l’idea di che cosa è stata l’attesa per avere risposte da parte delle Istituzioni; di quale è stato lo sconcerto che, a fronte di un progetto così rilevante dal punto di vista economico e dell’impatto ambientale, se ne parlasse solo sulla stampa locale e inizialmente solo per sostenere che noi, cittadini coinvolti, eravamo degli irresponsabili perché non volevamo la produzione del prezioso metano vicino alle nostre case;  il non riuscire a far capire la necessità di considerare in maniera complessiva tutte le implicazioni ambientali e territoriali.

Il tema della centrale è stato poi, come inevitabilmente sembra debba accadere, motivo di scontro ideologico, di accuse reciproche di strumentalizzazione del tema fra le diverse forze politiche e di “scaricabarile” di responsabilità fra i diversi Enti.

Noi cittadini abbiamo avuto spesso la percezione che non si volesse affrontare il problema o meglio che se non ci fossimo stati noi il problema non sarebbe esistito o si sarebbe risolto molto più facilmente. Ci attiviamo però per condividere il più possibile le informazioni, per ragionare sulla centrale su basi oggettive, e per prepararci nell’attesa di un confronto.

Le dimensioni

L’impianto ApisFe1 sarà il secondo in Regione per dimensioni. Il primo con utilizzo di materie prime non aziendali e non Forsu, previsti appunto per la lavorazione della Frazione Organica dei Rifiuti Solidi Urbani, come gli impianti di pari dimensioni di Hera a Sant’Agata Bolognese e Iren a Gavassa –  Reggio Emilia.  [https://www.assogasmetano.it]

La produzione oraria sarà di 1000 Sm3 e nell’anno 8.303.750 Nm3, purificati e convertiti in biometano, saranno immessi nella rete SNAM, che è presente nelle vicinanze dell’impianto, e 4.483.646 Nm3 di biogas rimarranno per un utilizzo interno, per alimentare il cogeneratore e a copertura degli autoconsumi dell’impianto stesso.

Fino ad ora in Provincia di Ferrara l’Azienda agricola Leona di Codigoro, produce  biometano per 600 Sm3/h.

Un ulteriore impianto è previsto a Poggiorenatico, ed è rientrato in questi giorni nelle graduatorie del GSE (Gestore dei Servizi Energetici) per l’assegnazione dei finanziamenti PNRR.

Gli altri 55 impianti funzionanti in Provincia sono impianti di produzione di energia elettrica e calore attraverso il biogas generato dalla digestione anaerobica.

L’impianto ApisFe1 prevede in ingresso 100.000 tonnellate all’anno di stocchi di mais, paglia e di colture di secondo raccolto, di pollina ed effluenti zootecnici, di sottoprodotti dell’industria agroalimentare, cioè scarti di lavorazione ed in uscita, come residuo del processo di digestione anaerobica, 45.000 tonnellate di digestato che dovrà ottenere l’autorizzazione per essere utilizzato a scopo agronomico, come fertilizzante per i terreni.

Le quantità prevalenti saranno  30.000 tonnellate di stocchi di mais e 30.000 tonnellate di pollina. L’impianto occuperà una superficie di circa 14 ettari di terreno agricolo, terreno fertile attualmente coltivato. Il consumo di suolo sarà rilevante: piazzali asfaltati, vasche di stoccaggio, un invaso profondo 6 metri e con una superficie pari ad un ettaro, occuperanno i 2/3 di questa superficie e i 4 digestori  avranno un’altezza di 9 metri fuori terra, e le cupole raggiungeranno i 20 metri, altezza molto superiore a quella dei capannoni del centro artigianale attiguo. Anche la realizzazione delle rotatorie funzionali all’impianto saranno un ulteriore fattore di trasformazione irreversibile. Non abbiamo nessuna informazione su chi gestirà operativamente l’impianto.

Continua su:

Un mega impianto per la produzione di biometano nel comune di Ferrara …… ma chi lo vuole? – Centro Ricerche Documentazione e Studi Ferrara (cdscultura.com)

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La *Biomassa* utilizzabile ai fini energetici consiste in tutti quei materiali organici che possono essere utilizzati direttamente come combustibili ovvero trasformati in combustibili solidi, liquidi o gassosi.

Si definisce biomassa qualsiasi sostanza di matrice organica, vegetale o animale, destinata a fini energetici o alla produzione di ammendante agricolo, e rappresenta una sofisticata forma di accumulo dell’energia solare.

Sono quindi biomasse, oltre alle essenze coltivate espressamente per scopi energetici, tutti i prodotti delle coltivazioni agricole e della forestazione, compresi i residui delle lavorazioni agricole e della silvicoltura, gli scarti dei prodotti agro-alimentari destinati all’alimentazione umana o alla zootecnia, i residui, non trattati chimicamente, dell’industria della lavorazione del legno e della carta, tutti i prodotti organici derivanti dall’attività biologica degli animali e dell’uomo, come quelli contenuti nei rifiuti urbani (la “frazione organica” dei Rifiuti).
Nell’accezione più generale si può quindi considerare *Biomassa* tutto il materiale di origine organica sia vegetale, sia animale, ma per schematizzare meglio questo settore si possono prendere in considerazione le tre principali filiere che lo rappresentano:

* Filiera del legno
* Filiera dell’agricoltura
* Filiera degli scarti e dei rifiuti

Per esemplificare qualche tipologia di biomassa, tra le più comuni, si possono citare:

I combustibili solidi, liquidi o gassosi derivati da questi materiali (direttamente o in seguito a processi di trasformazione) sono definiti *biocombustibili*, mentre qualsiasi forma di energia ottenuta con processi di conversione della biomassa è definita *bio-energia*

TECNOLOGIE D’IMPIEGO

L’utilizzo delle biomasse presenta una grande variabilità in funzione dei tipi dei materiali disponibili e, nel tempo, sono state sviluppate molte tecnologie di conversione energetica, delle quali alcune possono considerarsi giunte ad un livello di sviluppo tale da consentirne l’utilizzazione su scala industriale, altre, invece, più recenti e molto complesse, necessitano di ulteriore sperimentazione al fine di aumentare i rendimenti e ridurre i costi di conversione energetica.
I processi utilizzati attualmente sono riconducibili a due categorie: *processi termochimici* e *processi biochimici*, all’interno dei quali si suddividono le tecnologie attualmente disponibili, tra le quali – ad eccezione della combustione diretta – tutte le altre rappresentano pretrattamenti, mirati ad aumentare la resa termica, a sfruttare sino in fondo il materiale disponibile, a migliorarne la praticità di trasporto ed impiego e le caratteristiche di stoccaggio oppure a ridurre residui dopo l’utilizzazione:

Processi termochimici

I processi di conversione termochimica sono basati sull’azione del calore che permette le reazioni chimiche necessarie a trasformare la materia in energia e sono utilizzabili per i prodotti ed i residui cellulosici e legnosi in cui il rapporto C/N abbia valori superiori a 30 ed il contenuto di umidità non superi il 30% (tali valori sono indicativi di riferimento). Ad esempio, 1 kg di legna secca (15% umidità residua) fornisce 4,3 kWh di energia e, quindi, 3 kg di legno equivalgono ad 1 kg di gasolio mentre 2,3 kg di legno corrispondono a 1 m³ di metano.

Le biomasse più adatte a subire processi di conversione termochimica tal quale sono:

* la legna e tutti i suoi derivati (segatura, trucioli, etc.),
* sottoprodotti colturali di tipo ligno-cellulosico (paglia di cereali, residui di potatura della vite e dei fruttiferi, etc.)
* scarti di lavorazione (lolla, pula, gusci, noccioli, etc.).

*1. combustione diretta*
è il più semplice dei processi termochimici e consiste nell’ossidazione completa del combustibile a H2O e CO2; è attuata, in generale, in apparecchiature (caldaie) in cui avviene anche lo scambio di calore tra i gas di combustione ed i fluidi di processo (acqua, olio diatermico, etc.). La combustione di prodotti e residui agricoli si attua con buoni rendimenti, se si utilizzano come combustibili sostanze ricche di glucidi strutturati (cellulosa e lignina) e con contenuti di acqua inferiori al 30%. I prodotti utilizzabili a tale scopo sono i seguenti:

– legname in tutte le sue forme (cippato e pellet);
– paglie di cereali;
– residui di raccolta di legumi secchi;
– residui di piante oleaginose (ricino, catramo, etc.);
– residui di piante da fibra tessile (cotone, canapa, etc.);
– residui legnosi di potatura di piante da frutto e di piante forestali;
– residui dell’industria agro-alimentare.

*2. Carbonizzazione*
è un processo di pretrattamento del materiale vegetale che consiste nell’alterazione termochimica della biomasse mirato a conferirle migliori caratteristiche attraverso la trasformazione delle molecole strutturate dei prodotti legnosi e cellulosici in carbone (carbone di legna o carbone vegetale), mediante somministrazione di calore in presenza di poco ossigeno e la conseguente eliminazione dell’acqua e delle sostanze volatili non combustibili dalla materia vegetale.

*3. pirolisi*
è un processo di degradazione termochimica di materiali organici, attraverso l’azione del calore, a temperature elevate (tra 400 e 800°C), in completa assenza degli agenti ossidanti (aria o ossigeno) o con una ridottissima quantità di ossigeno (in questo caso il processo può essere descritto come una parziale gassificazione). Dalla pirolisi si ottengono prodotti gassosi, liquidi e solidi, in proporzioni che dipendono dai metodi utilizzati (pirolisi veloce, lenta, o convenzionale) e dai parametri di reazione. La produzione di energia basata su questa tecnica presenta ancora alcuni problemi connessi alla qualità dei prodotti così ottenuti, che non ha ancora raggiunto un livello sufficientemente adeguato rispetto alle applicazioni (con turbine a gas o con motori diesel). Attualmente, le prospettive migliori sono per impianti di grandi dimensioni che utilizzano olio da pirolisi, e per impianti di piccola taglia che usano i prodotti pirolitici con motori a ciclo diesel.

*4. gassificazione*
il processo consiste nella trasformazione in combustibile gassoso di un combustibile solido o liquido, nel caso specifico della biomassa, attraverso una decomposizione termica (ossidazione parziale) ad alta temperatura (900÷1.000°C). Il gas prodotto è una miscela di H2, CO, CH4, CO2, H2O (vapore acqueo) e N2, accompagnati da ceneri in sospensione e tracce di idrocarburi (C2H6). La proporzione tra i vari componenti del gas varia notevolmente in funzione dei diversi tipi di gassificatore, dei combustibili e del loro contenuto di umidità.
Questo gas (detto gas di gasogeno) è di potere calorifico inferiore medio-basso, (oscilla tra i 4.000 kJ/Nm³ dei gassificatori ad aria, i 10.000 kJ/Nm³ dei gassificatori a vapor d’acqua ed i 14.000 kJ/Nm³ di quelli ad ossigeno).
La tecnologia presenta ancora alcuni problemi, principalmente per il non elevato potere calorifico dei gas ottenuti e per le impurità il loro presenti (polveri, catrami e metalli pesanti). Inoltre, l’utilizzo del gas di gasogeno quale vettore energetico è limitato per i problemi connessi ai costi dello stoccaggio e del trasporto, causa il basso contenuto energetico per unità di volume rispetto ad altri gas. Per rendere economicamente più valido questo processo si trasforma il gas in alcool metilico (CH3OH), che può essere impiegato per l’azionamento di motori. Il metanolo, caratterizzato da un potere calorifico inferiore dell’ordine di 21.000 kJ/kg, può essere successivamente raffinato per ottenere benzina sintetica, con potere calorifico analogo a quello delle benzine tradizionali.

*5. Steam Explosion (SE)*
è un trattamento innovativo, a basso impatto ambientale, mediante il quale si può ottenere una vasta gamma di prodotti, utilizzando come materia prima le biomasse vegetali. Rispetto agli altri processi di pretrattamento, lo SE presenta il vantaggio fondamentale di separare in tre differenti correnti le frazioni costituenti i comuni substrati vegetali (emicellulosa, cellulosa, lignina) rendendo possibile l’utilizzazione totale delle biomasse.

Il processo consiste nell’uso di vapore saturo ad alta pressione per riscaldare rapidamente legno, o qualsiasi altro materiale lignocellulosico, in un reattore che può essere ad alimentazione continua o discontinua.

Si citano anche la *Co-Combustione* e la *Co-Gassificazione* volti a utilizzare nello stesso impianto le biomasse insieme a combustibili tradizionali come il carbone o i derivati dal petrolio.

Processi biochimici

I processi di conversione biochimica sono dovuti al contributo di enzimi, funghi e micro-organismi, che si formano nella biomassa sotto particolari condizioni e vengono impiegati per quelle biomasse in cui il rapporto C/N sia inferiore a 30 e l’umidità alla raccolta superiore al 30%.

Risultano idonei alla conversione biochimica:
* colture acquatiche
* alcuni sottoprodotti colturali (foglie e steli di barbabietola, ortive, patata, ecc.)
* reflui zootecnici
* scarti di lavorazione (borlande, acqua di vegetazione, etc.)
* biomassa eterogenea immagazzinata nelle discariche controllate

*6. la digestione anaerobica*
è il processo di fermentazione (conversione biochimica) della materia organica ad opera di micro-organismi in assenza di ossigeno; consiste nella demolizione delle sostanze organiche complesse contenute nei vegetali e nei sottoprodotti di origine animale (lipidi, protidi, glucidi), che dà origine ad un gas (biogas) costituito per il 50-70% da metano e per la restante parte soprattutto da CO2, con un potere calorifico medio dell’ordine di 23.000 kJ/Nm³. Questo processo di fermentazione della sostanza organica ne conserva integri i principali elementi nutritivi presenti (azoto, fosforo, potassio), agevolando la mineralizzazione dell’azoto organico, in modo che l’effluente ne risulti un ottimo fertilizzante.
Il biogas prodotto viene raccolto, essiccato, compresso ed immagazzinato per utilizzarlo come combustibile per caldaie a gas nella produzione del calore o per motori a combustione interna (si utilizzano motori di tipo navale a basso numero di giri) per produrre energia elettrica.
Gli impianti a digestione anaerobica possono essere alimentati anche con residui ad alto contenuto di umidità, quali le deiezioni animali, i reflui civili, i rifiuti alimentari e la frazione organica dei rifiuti solidi urbani e questo potrebbe rappresentare un’interessante opportunità negli impianti di raccolta dei rifiuti urbani. Però, la raccolta del biogas sviluppato nelle discariche, anche se attrezzate allo scopo, non supera il 40% circa del gas generato e quasi il 60% è disperso in atmosfera, esito non auspicabile perché la gran quantità di metano presente nel biogas ha conseguenze negative sull’effetto serra. Pertanto questo processo andrebbe svolto essenzialmente in appositi impianti chiusi (digestori), dove quasi tutto il gas prodotto viene raccolto ed usato come combustibile.

*7. digestione aerobica*
consiste nella metabolizzazione ad opera di batteri delle sostanze organiche, in ambiente condizionato dalla presenza di ossigeno. Questi micro-organismi convertono sostanze complesse in altre più semplici, liberando CO2 e H2O e producendo un elevato riscaldamento del substrato, proporzionale alla loro attività metabolica. Il calore prodotto può essere così trasferito all’esterno, mediante scambiatori a fluido. In Europa viene utilizzato il processo di digestione aerobica termofila autoriscaldata (Autoheated Termophilic Aerobic Digestion) per il trattamento delle acque di scarico. Più recentemente tale tecnologia si è diffusa anche in Canada e Stati Uniti.

*8. La fermentazione alcolica*
è un processo di tipo micro-aerofilo che opera la trasformazione dei glucidi contenuti nelle produzioni vegetali in etanolo. L’etanolo risulta un prodotto utilizzabile anche nei motori a combustione interna normalmente di tipo “dual fuel”, come riconosciuto fin dall’inizio della storia automobilistica. Se, però, l’iniziale ampia disponibilità ed il basso costo degli idrocarburi avevano impedito di affermare in modo molto rapido l’uso di essi come combustibili, dopo lo shock petrolifero del 1973 sono stati studiati numerosi altri prodotti per sostituire il carburante delle automobili (benzina e gasolio); oggi, tra questi prodotti alternativi, quello che mostra il miglior compromesso tra prezzo, disponibilità e prestazioni è proprio l’etanolo, o più probabilmente il suo derivato ETBE (EtilTertioButilEtere), ottenuto combinando un idrocarburo petrolifero (l’isobutene) e l’etanolo.

*9. Estrazione oli vegetali e produzione di biodiesel*
alcune essenze vegetali presentano la caratteristica di avere semi ricchi di oli che possono essere estratti ed utilizzati come combustibili per alimentare gruppi elettrogeni attraverso la combustione diretta.
Queste piante dette oleaginose (soia, colza, girasole, mais, ecc.) producono quantità di olio in misura del 35-45% del peso con un notevole potere calorico (fino a 10.000 kcal/kg) sono adatti, per semplicità di trasformazione ed utilizzazione, alla produzione di energia elettrica ed energia termica con impianti di combustione a tecnologia molto semplice.
Inoltre, offrono interessanti opportunità per la riutilizzazione dei sottoprodotti del processo dell’estrazione dell’olio dai semi; infatti i residui ricchi di materie proteiche sono impiegati per gli alimenti della zootecnia o nell’industria farmaceutica (ad esempio la glicerina) ed infine per la produzione di pellet.
Gli oli vegetali combustibili sono utilizzati nello stato in cui vengono estratti, a condizione che presentino le caratteristiche idonee in termini di contenuti minimi di acqua ed impurezze, o meglio dopo esterificazione (processo che avviene tramite aggiunta di metanolo per la eliminazione della glicerina), in modo da assicurare la compatibilità con i motori endotermici.

A cura di: *Ing. Luca Rubini*

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