Sostenibilità

“Vino in Langa? Prezzi dei terreni dopati e speculazione sulle bottiglie”. La dura critica di Carlo Petrini

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4 Nov 2024, 14:51 | a cura di Gambero Rosso

Il fondatore di Slow Food racconta una delle aree enologiche più importanti del mondo, tra successo internazionale e rischio di speculazioni: “La comunità locale si è molto impoverita”

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«La Langa è divenuto un territorio esclusivo, dove le barriere all’entrata sono talmente insormontabili che risulta impossibile fare impresa senza indebitamenti da capogiro. Tutto questo rischia di attrarre un mondo che poco ha a che fare con l’origine agricola di queste zone e con l’artigianalità enologica: quello della finanza e dei grandi gruppi di investimento. Un pericolo che sradicherebbe l’autenticità del territorio e che avvicinerebbe drasticamente le bottiglie di vino ad altri tipi di commodities». Non usa mezzi termini, Carlo Petrini, fondatore e presidente internazionale di Slow Food che in un lungo articolo pubblicato sul quotidiano La Stampa racconta in modo disincantato delle Langhe, terre del Barolo e del Barbaresco, una delle aree enologiche più importanti del mondo, tra successo internazionale e rischio di speculazioni finanziarie, grandi ricchezze e impoverimento del tessuto sociale e identitario.

Se il coraggio sfiora l’irragionevolezza

Nel suo viaggio Petrini fa subito notare la variegata realtà produttiva di Langa, dove «c’è una buona percentuale di giovani donne e giovani uomini». Della maggior parte di loro aveva già conosciuto e intervistato i parenti. Altre testimonianze, invece, le ha raccolte tra chi non ha ereditato il mestiere dalla famiglia, «ma nella produzione del vino ha deciso di investire per passione. Ecco, di tutte queste “nuove” cantine, sono pochissime quelle nate negli ultimi 20 anni. E qui sorge un primo aspetto per nulla irrilevante: negli anni Duemila, aprire una cantina in Langa è divenuta un’operazione il cui coraggio sfiora l’irragionevolezza».

Le Langhe come Bordeaux?

Il tema principali sono i prezzi dei terreni, oggi infatti per acquistare un ettaro vitato di uva nebbiolo da Barolo possono servire fino a 4 milioni di euro, «un valore immenso soprattutto se rapportato ai 4-5 milioni delle vecchie lire necessari nel 1970)». Nei decenni poi si è realizzata una divaricazione del valore fondiario rispetto alle aree confinanti. Come nel caso del vicino Roero e dell’adiacente Monferrato dove il costo di un ettaro vitato è decine e decine di volte inferiore. Petrini parla di «crescenti effetti speculativi» e riporta un parallelismo collegato alla Francia: «Voglio riportare l’esempio di un’altra zona di grande eccellenza vitivinicola, forse quella con maggiore storia alle spalle, che è ancora alle prese con una crisi in cui anche gli aspetti identitari sono venuti meno. Mi riferisco al bordolese, dove l’inacessibilità del valore del terreno e del costo delle bottiglie – dettata specialmente dai Premiers Crus – hanno fatto collassare un sistema che era arrivato allo stremo della speculazione. Il risultato: oggi, con non pochi malcontenti, il mercato si sta riassestando al ribasso. Si è dovuti passare attraverso pesanti manovre di assestamento, compresa l’espiantazione di ettari interi di vigna».

A fronte di un valore dei terreni «dopato» e della speculazione sulle bottiglie», scrive Petrini, «ho potuto toccare con mano che la comunità si trova molto impoverita, non riconoscibile rispetto alla vita di Langa di una volta. Ciò rende evidente che l’eccessiva ricchezza privata riduce la prosperità pubblica. Quello che per molto tempo ha reso vivo e attraente questo angolo di Piemonte, ancor più del vino, era l’approccio di condivisione e la socialità che si poteva respirare in ogni angolo di paese. I bar, le botteghe, le osterie, tutti i luoghi in cui la comunità si ritrovava sono spariti e con loro anche forti tratti identitari. Dirò di più, il mondo enologico era perfettamente integrato a quel modello sociale, mentre oggi il divario che vige tra comunità e comparto produttivo è fin troppo evidente».

Secondo il fondatore di Slow Food, tenendo conto anche dello spettro dello spopolamento che colpisce tante zone d’Italia, «dobbiamo quindi utilizzare la fantasia per ricreare nuove forme di socialità, più moderne e inclusive. Solo così si potranno preservare anche quegli agi più materiali, che da soli non possono generare la felicità nell’essere umano».

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Agricoltura sostenibile, cos’è e come funziona

Garantire il nutrimento agli esseri umani nonostante l’impatto dei cambiamenti climatici e l’aumento della popolazione sulla terra, rispettando l’acqua, la terra e la biodiversità. Sono questi gli obiettivi dell’agricoltura sostenibile, che può trarre grandi vantaggi dalle tecnologie emergenti come l’IoT, l’analisi dei dati e la Blockchain nella cosiddetta Agricoltura 4.0

Aggiornato il 04 Giu 2024

Free picture (Organic farming) from https://torange.biz/organic-farming-27245

Rispettare le risorse naturali come l’acqua, la terra e la biodiversità, assicurando contemporaneamente il nutrimento agli esseri umani nonostante l’impatto dei cambiamenti climatici e l’aumento della popolazione sulla terra. Sono questi gli obiettivi dell’agricoltura sostenibile, dove la parola sostenibilità non è riferita però soltanto all’ambiente, ma anche all’ambito sociale: assicurando quindi la salute delle persone, la qualità della vita di chi si occupa della produzione, i diritti umani di chi opera nel settore e l’equità sociale.

Per arrivare a centrare questi obiettivi le tecnologie emergenti possono arrivare a svolgere un ruolo di primo piano, a partire dalla cosiddetta agricoltura 4.0, dove connettività, intelligenza artificiale e IoT possono trovare impiego per dare un contributo in uno dei settori che tradizionalmente è rimasto più al riparo dall’innovazione, e che per lungo tempo è stato considerato come uno dei comparti più legati alla tradizione, e quindi a metodi di produzione e di distribuzione datati e con grandi possibilità di essere resi più efficienti.

Indice degli argomenti

Che cos’è l’agricoltura sostenibile

Al centro del concetto di agricoltura sostenibile c’è l’obiettivo di soddisfare il fabbisogno dell’umanità, che si tratti di cibo o di tessuti, senza che questa attività sia destinata a penalizzare le esigenze delle generazioni future. A dare la definizione è l’Agricultural Sustainability Institute. Per andare più in profondità la FAO, che ha stilato la lista dei cinque principi a cui deve ispirarsi l’agricoltura sostenibile, ha pubblicato nel 2018 un paper che si pone l’obiettivo di indicare le 20 azioni necessarie, nel campo dell’agricoltura, per centrare i 17 obiettivi di sviluppo, i cosiddetti Sustainable Development Goals (SDGs), adottando un approccio integrato al tema.

Ecco i 5 principi dell’agricoltura sostenibile

A stilare i cinque cardini dell’agricoltura sostenibile, dicevamo, ci ha pensato a suo tempo la Food and Agriculture Organization (FAO), organizzazione che fa capo alle Nazioni Unite. Il primo è l’obiettivo di aumentare produttività, occupazione e valore aggiunto nei sistemi alimentari, attraverso un cambiamento delle pratiche e dei processi agricoli improntato a garantire i rifornimenti alimentari e alla riduzione dei consumi di acqua ed energia. Il secondo principio punta alla protezione e al miglioramento delle risorse naturali: in quest’ambito rientrano la conservazione dell’ambiente, il contenimento dell’inquinamento delle fonti idriche, la lotta alla distruzione di habitat e degli ecosistemi, il deterioramento dei terreni.

Il terzo principio riguarda il miglioramento dei mezzi di sussistenza, favorendo una crescita economica inclusiva. Il quarto punta sull’accrescimento della resilienza, sia che si tratti delle persone, sia delle comunità e sia degli ecosistemi. Questo implica la trasformazione dei modelli produttivi per fare in modo che si riesca a contenere al massimo, fino a minimizzarlo, l’impatto che potrebbe derivare da eventi estremi dovuti ai cambiamenti climatici o dalla variabilità dei prezzi di mercato. Il quinto e ultimo punto è la sfida di adattare la governance del settore alle nuove sfide, grazie a una serie di norme che renda possibile un equilibrio tra pubblico e privato assicurando trasparenza ed equità.

Agricoltura sostenibile e lotta al cambiamento climatico

L’agricoltura sostenibile gioca un ruolo fondamentale nella lotta al cambiamento climatico. Le pratiche agricole tradizionali, ad esempio attraverso un uso eccessivo di fertilizzanti chimici, contribuiscono significativamente alle emissioni di gas serra. L’agricoltura sostenibile, invece, promuove l’agricoltura conservativa e l’agroforestazione, che possono assorbire carbonio dall’atmosfera e mitigare gli effetti del riscaldamento globale.

Oltre a mitigare il cambiamento climatico, l’agricoltura sostenibile può anche aiutare ad adattare i sistemi agricoli agli impatti già in atto, come l’aumento della siccità e degli eventi meteorologici estremi. Sviluppando varietà di colture resistenti al clima e adottando pratiche di gestione dell’acqua efficienti, gli agricoltori possono aumentare la resilienza dei loro sistemi e garantire la sicurezza alimentare anche in condizioni climatiche avverse.

Innovazione tecnologica e agricoltura sostenibile

Uno slancio fondamentale alla modernizzazione dell’agricoltura nella direzione della sostenibilità può venire dalle nuove tecnologie, ma anche dall’evoluzione di pratiche di agricoltura rigenerativa. Proprio in questa direzione va l’Agricoltura 4.0, che nasce sull’onda delle innovazioni introdotte in precedenza in altri settori produttivi, come il manifatturiero e l’industria. Anche nel caso dell’agricoltura si tratta così di utilizzare dosi massicce di nuove tecnologie, come la digitalizzazione dei processi, l’Internet of Things, la geolocalizzazione e la connessione a Internet.

Sfruttando al meglio questi strumenti si arriva all’agricoltura di precisione, che consente di utilizzare metodi di coltivazione e di cura delle piante ad hoc a seconda delle caratteristiche dei terreni e delle zone in cui si trovano, ottimizzando i consumi energetici, razionalizzando l’utilizzo di acqua e di fertilizzanti anche a seconda delle condizioni meteorologiche in tempo reale. Questo assicura da una parte la migliore cura delle coltivazioni, e dall’altro la riduzione degli sprechi e di conseguenza dell’impatto ambientale e non ultimo disporre di strumenti per contrastare le conseguenze legate agli eventi meteo estremi.

Il mercato italiano dell’agricoltura 4.0

Nel 2023, il settore agrifood è stato fortemente impattato dagli effetti del cambiamento climatico e degli eventi meteorologici che hanno colpito la Penisola. In questo contesto, il mercato dell’Agricoltura 4.0 ha segnato un nuovo record, raggiungendo i 2,5 miliardi di euro, +19% rispetto al 2022. Se la spesa cresce, cambiano però gli ambiti di investimento delle aziende agricole italiane. Macchinari connessi e sistemi di monitoraggio e controllo dei mezzi rappresentano ancora circa metà del mercato, ma diversi fattori – tra cui la progressiva riduzione degli incentivi statali – ha portato un calo di queste due voci (rispettivamente -7% e -10%) a favore di software che permettono di interconnettere la parte hardware e di
analizzare i dati raccolti. L’11% della spesa è data da software gestionali e Fmis (Farm Management Information
Systems), l’8% da piattaforme di integrazione dati, 8% da sistemi di mappatura di coltivazioni e terreni, 5% da
DSS (Software di supporto alle decisioni).

A scattare la fotografia è l’Osservatorio Smart Agrifood della School of Management del Politecnico di Milano, che evidenzia come Il 72% delle aziende agricole italiane utilizza soluzioni di Agricoltura 4.0 (una cifra sostanzialmente invariata rispetto al 2022), ma aumenta il numero di soluzioni medie per azienda (3,4, rispetto al 3,2 del 2022). A
investire sono principalmente le aziende che hanno già intrapreso percorsi di digitalizzazione negli anni passati. Per la stessa ragione, la crescita della superficie italiana coltivata con tecnologie digitali risulta moderata, passando dall’8% del 2022 al 9% del 2023.

Le tecnologie più promettenti

Tra le soluzioni maggiormente adottate, dopo i software gestionali aziendali, si trovano i sistemi di monitoraggio e controllo di macchine e attrezzature e di terreni e coltivazioni, seguiti dai Dss e dalle soluzioni basate su dati satellitari per la mappatura di coltivazioni e terreni.

Il recente boom degli acquisti di trattori e più in generale di macchinari agricoli, anche grazie agli incentivi previsti dal piano “Transizione 4.0”, fa sì che oggi la domanda si concentri su altre tipologie di soluzioni, perlopiù software, necessarie a interconnettere la parte hardware. Aumenta inoltre la consapevolezza del valore dei dati e quindi delle soluzioni che ne consentano l’analisi. A sottolineare la dinamicità dell’Agricoltura 4.0 è anche l’aumento di soluzioni innovative presenti
sul mercato italiano (+10%), accompagnata da una crescita rilevante dei provider tecnologici (+13%) che le offrono. Tra le aziende dell’offerta analizzate, il 20% sono startup, spesso focalizzate sulla sperimentazione di tecnologie più “disruptive” come intelligenza artificiale, machine learning e robotica. Solo l’8% delle aziende agricole del campione, però, può essere considerato già digitalmente “maturo”. Circa il 50% delle aziende si trova ancora “in cammino”, mentre il restante 42% è costituito da aziende agricole ferme o comunque in forte ritardo nel percorso di adozione delle soluzioni di Agricoltura 4.0.

Quali sono le tecniche dell’agricoltura sostenibile

L’agricoltura sostenibile può essere declinata in diversi modelli e utilizzando più di una tecnica. Un esempio è il modello dell’agricoltura biologica, in cui la produzione avviene rispettando il regolamento europeo Cee 2092/91. In pratica vengono utilizzate soltanto sostanze naturali, evitando uno sfruttamento eccessivo delle risorse naturali e senza sostanze chimiche di sintesi, ma soltanto fertilizzanti naturali.

Altro modello è quello dell’agricoltura biodinamica, che prende le mosse dalla teoria che Rudolf Steiner ha formulato nel 1924. Il principio base è quello del rispetto dell’ecosistema terrestre facendo riferimento alle leggi cosmiche, come le fasi lunari, e l’attivazione della vita nel suolo. L’obiettivo è quello di fare in modo che le piante si autoregolino e si adattino al meglio alle condizioni esterne. Anche in questo caso non vengono utilizzati concimi chimici o fitofarmaci, che vengono sostituiti dalla somministrazione di preparati naturali che favoriscono la fertilità del suolo.

Passando alla permacultura, si tratta in questo caso di mettere in pratica la teoria dello scienziato e naturalista australiano Bruce Charles ‘Bill’ Mollison. La permacultura è l’insieme di pratiche agricole orientate al mantenimento naturale della fertilità del terreno, ma anche un sistema integrato di progettazione che intreccia tematiche proprie dell’architettura, dell’economia, dell’ecologia e dei sistemi giuridici per le imprese e le comunità. Si tratta in altri termini di progettare e gestire paesaggi antropizzati in modo da soddisfare i bisogni della popolazione, come il cibo e l’energia, senza però sconvolgere la sostenibilità degli ecosistemi naturali.

Tra gli altri modelli dell’agricoltura sostenibile ci sono infine gli ecovillaggi, comunità orientate alla sostenibilità che sperimentano nuovi stili di vita: si va dalla progettazione delle abitazioni in modo da minimizzare l’impatto ambientale all’autosufficienza alimentare. E per concludere sarà utile ricordare anche l’agricoltura solidale, caratterizzata dal fatto che i prodotti crescono su terreni liberi dallo sfruttamento delle persone, da ricatti, estorsioni e mafie. L’attenzione in uwato caso è concentrata contemporaneamente sul rispetto dell’uomo e dell’ambiente. E sulla riduzione della distanza tra chi coltiva la terra e chi ne gode i frutti.

Quanto alle tecniche utilizzate dall’agricoltura sostenibile, tra le più diffuse ci sono: la rotazione delle colture, che punta a migliorare o mantenere la fertilità dei terreni; il controllo biologico, che consiste nel monitoraggio dei parassiti agricoli e degli insetti che trasmettono malattie usando i loro nemici naturali, che possono essere altri insetti benefici, predatori, parassitoidi e microrganismi come funghi, virus e batteri; la copertura del terreno con paglia o materia organica, utile a mantenere l’umidità ottimale del terreno e a regolare la temperatura del suolo.

Risulta evidente che questi modelli e queste tecniche hanno molto da guadagnare da un approccio “tecnologico”, dove la raccolta e l’analisi dei dati in tempo reale può aiutare a prendere le decisioni migliori in tempo reale, evitando sprechi e danni alle colture, che potranno così crescere al massimo delle proprie potenzialità.

Standard per l’agricoltura sostenibile: Garantire pratiche responsabili

All’interno del panorama dell’agricoltura sostenibile, gli standard svolgono un ruolo fondamentale nel definire e certificare pratiche agricole rispettose dell’ambiente, delle comunità e delle risorse naturali. Questi standard offrono un quadro di riferimento chiaro e verificabile per le aziende agricole, aiutando i consumatori a fare scelte consapevoli e sostenibili.

Numerosi enti e organizzazioni internazionali hanno sviluppato standard per l’agricoltura sostenibile, ognuno con i propri criteri e focus specifici. Tra i più notil’ ISO 14001, standard internazionale per i sistemi di gestione ambientale, che mira a ridurre l’impatto ambientale delle attività agricole. Poi l’Emas, regolamento europeo per il sistema di gestione ambientale e l’audit, che include requisiti specifici per l’agricoltura sostenibile. A questi ai aggiunge il Fairtrade, standard di commercio equo e solidale che garantisce condizioni di lavoro eque e prezzi equi ai produttori agricoli, e il regolamento europeo Organic Agriculture per la produzione biologica, che vieta l’uso di fertilizzanti chimici e pesticidi sintetici. Oltre a questi standard internazionali, esistono anche numerose iniziative nazionali e regionali che definiscono standard per l’agricoltura sostenibile.

Tra i vantaggi dell’adozione di standard per l’agricoltura sostenibile ci sono il miglioramento delle performance ambientali, il miglioramento delle condizioni sociali con la promozione di condizioni di lavoro eque e dignitose per gli addetti al settore, l’aumento della trasparenza e della tracciabilità e un migliore accesso ai mercati, valorizzando la qualità e la sostenibilità delle produzioni.

Quali sono gli obiettivi dell’agricoltura 4.0

Mettere le tecnologie digitali a disposizione dell’agricoltura consente di ottenere una serie di risultati fondamentali nell’ottica della sostenibilità, come ad esempio calcolare con precisione di quanta acqua ha bisogno una pianta o una piantagione, evitando in questo modo di sprecare risorse, ma anche di poter effettuare previsioni sui rischi che corrono le colture, ad esempio rispetto alle malattie, sapendo in anticipo quali specie di parassiti potrebbero attaccare le piante.

C’è poi l’ambito della tracciabilità della filiera, per monitorare ogni step del processo di produzione e garantire in questo modo la qualità dei prodotti. Questo anche grazie al fatto che i prodotti inseriti in una filiera ad alto tasso tecnologico mantengano intatte le loro proprietà e risultino quindi più salutari, con un aumento della produttività pari al 20%.

Come siamo messi in Italia 

Secondo i dati del rapporto Greenitaly  nell’emergenza epidemiologica da Covid-19 che ha colpito duramente l’Italia, il settore agroalimentare made in Italy ha confermato il suo valore strategico tanto nella fornitura di beni primari necessari quanto in campo ambientale. “Il settore agricolo italiano – si legge nel report – si conferma il più green d’Europa (…) Una specificità nazionale composta di vari ingredienti: a partire dalla gestione del territorio che, oltre a contribuire alla bellezza dei nostri paesaggi, previene eventi idrogeologici avversi; dalla tutela della biodiversità, alla crescente diffusione del biologico, all’efficienza nell’uso della chimica e dell’acqua; dalle energie rinnovabili (dal biogas al fotovoltaico) che spesso valorizzano i sottoprodotti o gli scarti di produzione in un’ottica di economia circolare, fino alle nuove tecnologie e al contributo, in questo cammino verso l’innovazione, di nuove competenze”.

“L’uso di nuove tecnologie digitali è un fattore imprescindibile per garantire maggiore sostenibilità del settore agricolo, perché soltanto attraverso l’implementazione di queste si può ottimizzare l’utilizzo dei fattori produttivi, garantendone una maggiore efficienza d’uso, che porta quindi ad una riduzione degli sprechi di sementi, fertilizzanti, agrofarmaci, a
parità di produzione – si legge nel report 2023 – Appare dunque chiaro come l’agricoltura digitale rappresenti lo strumento per raggiungere gli obiettivi della strategia Farm to Fork: riduzione del 50% dei prodotti fitosanitari, del 20% dei fertilizzanti e del 50% degli antibiotici in zootecnia. A ciò si aggiunge anche una riduzione delle emissioni associate al settore agricolo, essenziale per contrastare il cambiamento climatico. Lo scopo è quindi quello di produrre di più con una
quantità inferiore di risorse, mantenendo alti standard di qualità.

L’agricoltura alla Conference of the Parties – COP

La Presidenza della COP28 ha annunciato venerdì 1° dicembre 2023 la firma da parte di oltre 130 leader mondiali di una storica dichiarazione sull’agricoltura, l’alimentazione e l’azione per il clima, insieme alla mobilitazione di oltre 2,5 miliardi di dollari di finanziamenti per sostenere la sicurezza alimentare e, al contempo, combattere il cambiamento climatico.

Nella Dichiarazione sull’agricoltura sostenibile, i sistemi alimentari resilienti e l’azione per il clima si annuncia l’impegno per adattare i sistemi alimentari ai cambiamenti climatici già in atto, con particolare attenzione ai piccoli agricoltori e ai gruppi indigeni, migliorare la gestione dell’acqua in agricoltura, proteggere e ripristinare il suolo e gli ecosistemi. A cui si aggiungono la riduzione delle perdite e degli sprechi alimentari e la promozione di un’acquacoltura più sostenibile.

Agroalimentare e ESG

Il settore agroalimentare sta prestando sempre maggiore attenzione ai criteri ESG (Environmental, Social and Governance). Questa scelta è dovuta alla crescente attenzione da parte dei consumatori per le tematiche ambientali e sociali, e alla necessità delle aziende di rispettare un quadro normativo sempre più vincolante (ad esempio con il ruolo di normative come CSRD, Corporate Sustainability Reporting Directive e come la Legge sul Ripristino della Natura n.d.r.)

Le aziende devono fare i conti con la necessità di rivedere i propri modelli produttivi, la transizione verso pratiche più sostenibili richiede investimenti e una riorganizzazione delle catene del valore. L’introduzione dei criteri ESG impone anche un cambiamento culturale ed è necessario che i manager siano in grado di comprendere l’importanza della sostenibilità e di tradurla in azioni concrete e misurabili. Serve formazione e serve un aggiornamento continuo, nonché l’adozione di strumenti adeguati per monitorare e rendicontare i progressi compiuti. Tramite l’adozione di pratiche agricole rispettose dell’ambiente poi si raggiungono forme di utilizzo più responsabile delle risorse naturali, come con l’agricoltura rigenerativa.

I vantaggi dell’ESG nell’agroalimentare

L’ESG nel settore agroalimentare porta una serie di vantaggi sia per le aziende che per la società. La riduzione dell’impatto ambientale delle attività produttive, il miglioramento della qualità dei prodotti offerti ai consumatori e la creazione di posti di lavoro dignitosi e inclusivi. In relazione all’ambiente le pratiche agricole sostenibili possono contribuire a preservare la biodiversitàl’utilizzo efficiente delle risorse naturali aumenta la resilienza alle variazioni climatiche. Nello stesso tempo occorre tener presente che l’implementazione dei criteri ESG impone investimenti necessari per passare a modelli produttivi più sostenibili; inoltre, grazie ai crescenti strumenti finanziari green,  è possibile raccolgiere fondi dedicati all’implementazione del modello ESG.

I fattori chiave che uniscono agricoltura sostenibile e ESG

L’Agricoltura 4.0 con la digitalizzazione dei processi, la tracciabilità di filiera, la Blockchain, l’Internet of Things e Intelligenza Artificiale, permette di attuare metodi di coltivazione e di ottimizzazione delle risorse per aumentare la qualità e ridurre gli sprechi. I principi dell’agricoltura sostenibile che abilitano logiche ESG possono essere ricondotti a questi fattori:

  • Aumentare la capacità produttiva migliorando le pratiche e i processi agricoli
  • Garantire la produzione con una contemporanea riduzione dei consumi di acqua ed energia
  • Proteggere le risorse naturali, evitare il deterioramento dei terreni, contrastare la distruzione di ecosistemi, garantire la protezione della biodiversità
  • Miglioramento dei mezzi di sussistenza, anche con una maggiore inclusività
  • Ridurre i rischi legati ai cambiamenti climatici
  • Aumentare la resilienza degli ecosistemi
  • Ridurre ogni forma di spreco in ogni fase della catena del valore
  • Creare una governance del settore con norme attente ai temi della sostenibilità

Il ruolo dei consumatori nella promozione dell’agricoltura sostenibile

Le scelte dei consumatori possono avere un impatto significativo sulla diffusione dell’agricoltura sostenibile. Scegliendo prodotti alimentari provenienti da aziende agricole che adottano pratiche sostenibili, i consumatori possono inviare un segnale forte al mercato e incoraggiare l’adozione di metodi di produzione più rispettosi dell’ambiente e del sociale.

Diverse iniziative e certificazioni aiutano i consumatori a fare scelte informate. I prodotti biologici, ad esempio, sono certificati per rispettare rigorosi standard di produzione che escludono l’uso di fertilizzanti chimici e pesticidi sintetici. Altri programmi di certificazione si concentrano su aspetti specifici dell’agricoltura sostenibile, come il benessere animale o le pratiche di commercio equo e solidale.

Oltre a cercare prodotti certificati, i consumatori possono anche supportare l’agricoltura sostenibile acquistando direttamente dai produttori locali, visitando i mercati di farmer’s market e partecipando a programmi di agricoltura sostenuta dalla comunità. Queste scelte non solo favoriscono pratiche agricole sostenibili, ma permettono anche di costruire relazioni più strette con la propria comunità e di conoscere meglio la provenienza del cibo che si consuma.

Articolo originariamente pubblicato il 30 Nov 2021

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Crisi climatica, dal lessico al capitale naturale: la transizione ecologica parte dalle parole

di Jessica Muller Castagliuolo

Crisi climatica, dal lessico al capitale naturale: la transizione ecologica parte dalle parole

Barbara Terenghi (Edison): “Il capitale naturale sta entrando solo ora nella terminologia dell’opinione pubblica e delle imprese. Ci piacerebbe costituisse la base dei temi economici, sociali e culturali che ci troviamo ad affrontare”

Frontiera tra l’Uzbekistan e il Kazakistan. Barche nel deserto. Cinquant’anni fa, c’era l’acqua: il Lago salato d’Aral. Oggi, terra arsa. “Il mondo è uno solo e lo stiamo perdendo”. Massimiliano Tarantino, direttore della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, parla così di invisibilità cognitiva, della “Grande cecità” di fronte al cambiamento climatico. Il rischio non è percepito perché non appare nel nostro immediato spazio di azione. Ecco la prima parola che dobbiamo modificare: cecità. È sulle parole, unità minime ma potenti nel trasformare il reale, che si concentra l’evento “Lessico naturale” organizzato da Edison con Fondazione Giangiacomo Feltrinelli.

Una giornata per riflettere sul concetto di capitale naturale nelle sue dimensioni economiche, sociali, culturali. Umane, soprattutto. Perché, come suggerisce il filosofo Paolo Vidali, Thomas Kuhn lo aveva detto: la rivoluzione scientifica è una rivoluzione del lessico. Dare nuove parole alla natura, riconsegnarle spazio: nell’era geologica dell’Antropocene, l’uomo è una “forza tellurica” sempre più ingombrante. Viviamo in un mondo artificiale. Una ricerca condotta dall’Istituto Weizmann per le Scienze ce lo mette davanti agli occhi: sulla Terra nel 2020 la massa antropogenica, ovvero tutti gli oggetti prodotti dall’uomo (edifici, case, oggetti, plastiche, ecc..), ha superato la biomassa, la vegetazione, gli altri esseri viventi. Un divoramento fulmineo: nei primi anni del Novecento, l’antropomassa costituiva solo il 3%.

“Questa iniziativa è nata perché il contesto che ci circonda ci obbliga a fare di più – spiega Barbara Terenghi, chief sustainability officer di Edison – Ci confrontiamo con la natura sotto vari punti di vista: l’uso dell’acqua, del suolo, e più in generale ci confrontiamo con i territori. La biodiversità entra sempre più frequentemente nelle nostre conversazioni e nella nostra vita di operatori dell’energia”.

Ricchezza, intelligenza, responsabilità, progetto, ecocentrismo: ecco alcune parole necessarie. Cura, presente: eccone altre. Ma ce n’è ancora una, da sottolineare: trasformazione. La natura è una trasformazione della quale l’uomo è parte: vive non malgrado di essa, ma per mezzo di essa. Il mondo come significato di Maurice Merleau-Ponty.

Capitale naturale e servizi ecosistemici

Poi ci sono parole che servono ad agire. Capitale naturale: il valore offerto al genere umano dalla biodiversità e dalle risorse non viventi come aria, acqua, suolo e le risorse geologiche. Valore tradotto in servizi ecosistemici, mediante i quali il capitale naturale fornisce all’uomo approvvigionamento (cibo, materie prime, combustibili), regolazione (del clima, dei flussi delle acque o la purificazione dell’acqua e dell’aria), mantenimento (ciclo naturale dei nutrienti e del suolo) e cultura, ovvero tutto ciò che la natura in termini estetici dona all’uomo. Da una passeggiata in un parco urbano fino all’eredità culturale e spirituale che la natura ha ispirato. Insomma, uno dei beni più preziosi che non consideriamo tale solo perché non paghiamo nulla per averlo. Perderlo però ha costi altissimi, non solo in termini di territorio. Ad essere a rischio sono le vite umane.

“Il tema del capitale naturale, benché non sia nuovo in termini accademici, è piuttosto inedito dal punto di vista del lessico: sta entrando oggi nella terminologia dell’opinione pubblica ma anche delle imprese. Ci piacerebbe che queste nuove parole definissero in modo puntuale ed efficace i temi che ci troviamo ad affrontare non solo dal punto di vista scientifico, ma anche sociale e culturale”.

Una costruzione collettiva che necessita di più angolazioni e punti di vista: “Abbiamo coinvolto i nostri colleghi, i nostri stakeholder e figure di massimo rilievo sul fronte accademico, delle associazioni, dell’istituzioni, dei media scegliendo come partner Fondazione Feltrinelli che sviluppa sempre delle riflessioni di altissimo livello sul valore socioculturale di nuovi concetti”, conclude Terenghi.

Crisi climatica, dal lessico al capitale naturale: la transizione ecologica parte dalle parole – la Repubblica

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Sostenibiltà Ambientale

COSA SIGNIFICA SOSTENIBILITÀ?
Home Ecosostenibilità Cosa significa sostenibilità?
cosa significa sostenibilità
Con il termine sostenibilità, utilizzato per la prima volta nel 1992 durante la prima Conferenza ONU sull’ambiente, si intende la “condizione di un modello di sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri”. Questa è una definizione di sostenibilità che si concentra soprattutto sull’ecologia ma, ad oggi, il termine sostenibilità è affiancato anche a concetti come economia e società. Cosa significa quindi sostenibilità?

È proprio grazie al termine “sostenibilità” e a ciò che significa che l’essere umano ha cominciato a prestare attenzione all’effetto serra e al buco nell’ozono, situazioni derivanti proprio dall’utilizzo insostenibile delle risorse ambientali.

Se volessimo dare una definizione alla parola “sostenibilità” che non sia centrata direttamente sull’ambiente, ne parleremmo come della condizione necessaria a raggiungere un equilibrio globale tra uomo ed ecosistema. Un equilibrio indispensabile alla proliferazione del genere umano nel tempo.

I 3 tipi di sostenibilità principali: ambientale, economica e sociale
La sostenibilità si divide in 3 categorie principali:

  1. Sostenibilità ambientale
    Ovvero la condizione attraverso la quale il processo di sfruttamento delle risorse naturali, volte allo sviluppo tecnologico o al sostentamento dell’essere umano, hanno la possibilità di diventare meno impattanti sull’ambiente in modo da permetterne la coesistenza anche alle generazioni future.
    Senza la realizzazione di piani di sostenibilità ambientale globalmente condivisi e con obiettivi mirati pluriannuali, presto il genere umano dovrà fare i conti con le conseguenze più catastrofiche del suo costante sfruttamento delle risorse ambientali.
    La deforestazione, l’avanzamento dei deserti, lo scioglimento dei ghiacciai e il suo conseguente innalzamento del livello dei mari e degli oceani, il buco nell’ozono, l’innalzamento della temperatura globale sono solo alcuni esempi di ciò che il genere umano dovrà affrontare.
    Alcune strategie già messe in atto per migliorare la sostenibilità ambientale sono lo sviluppo delle aree verdi negli spazi urbani, l’attenzione sempre maggiore alle produzioni industriali, l’utilizzo di fonti di energia rinnovabile e il riciclo o lo smaltimento corretto dei rifiuti.
  2. Sostenibilità economica
    Ovvero il concetto di sostenibilità legato alla capacità di un sistema economico di produrre reddito e lavoro con costanza.
    Potrebbe non essere così ovvio il fatto che un sistema economico che non sia sostenibile è destinato a estinguersi. Se non viene favorito il lavoro e non viene prodotto reddito, il denaro non circola e il sistema economico crolla. Ecco perché, in una società che trova la sua stabilità nel sistema economico, è essenziale che questo sia sostenibile. Non è un caso, infatti, che uno dei paradigmi dell’economia sia la crescita.
  3. Sostenibilità sociale
    Quel tipo di sostenibilità che permette la coesione di una società che sia in grado di sostenerne i membri che, collaborando allo scopo di raggiungere obiettivi comuni, siano anche in grado di raggiungere il benessere individuale.
    Un paradigma delle scienze sociale è, infatti, il concetto di uguaglianza.

La sostenibilità alimentare
Ambiente, economia e società non sono i soli ambiti in cui si può parlare di sostenibilità.

Anche una relazione fra due persone può (e dovrebbe) essere sostenibile, caratteristica che manca in tutti quei rapporti in cui vi è uno squilibrio fra le parti.

Uno degli ambiti in cui il concetto di sostenibilità sta richiamando molta attenzione è quello della sostenibilità alimentare.

Il nostro è un mondo in cui la produzione alimentare di massa rischia di portare all’estinzione di molte delle specie di cui l’essere umano si nutre quotidianamente. Basti pensare agli allevamenti delle catene di fast food di bovini e pollame.

Lo sviluppo della sostenibilità alimentare trova le sue fondamenta in due principi fondamentali:

Adeguamento alla domanda, ovvero limitare le produzioni a quanto effettivamente richiesto dal mercato per evitare sprechi e sovrapproduzioni. Questo principio prevede anche una forma di educazione alimentare dei consumatori
Adeguamento dell’offerta, che è di base il solo modo per non compromettere l’integrità del biosistema di cui l’essere umano fa parte

Misurare la sostenibilità è davvero possibile?
Certo, il concetto di sostenibilità è molto importante. Ma come si può misurare?

Per misurare la sostenibilità, a prescindere dal campo di applicazione, esistono molti riferimenti e strumenti, anche se ancora in fase di evoluzione.

Tra i principali ci sono:

Benchmark
Audit
Standard di riferimento
Sistemi di certificazione
Sistemi di valutazione e di autovalutazione
Ma, per rendere il discorso più comprensibile ai non addetti ai lavori, i due concetti alla quale bisogna prestare attenzione per comprendere l’effettiva sostenibilità delle attività umane sono i confini planetari e l’impronta ecologica.

I confini planetari riguardano un concetto relativo ai processi del sistema terrestre entro i quali l’attività umana è sostenibile. In altre parole, li si può considerare come uno “spazio sicuro per l’operatività umana”.

L’impronta ecologica è, invece, l’impatto ambientale che ha una specifica attività umana.

Continua su:

Cosa significa sostenibilità e quanti tipi ne esistono? (tevgroup.it)

Cos’è la sostenibilità: significato, storia e futuro – LifeGate

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